A chi non si è ancora arreso
Queste parole non sono per chi si volta dall’altra parte. Non sono per chi si rifugia nell’indifferenza, né per chi ha scelto di convivere con il cinismo. Sono rivolte a chi, come me, non riesce a rimanere in silenzio. A chi sente che c’è ancora qualcosa da fare, da dire, da cambiare. A chi crede che il futuro non sia già scritto e che valga la pena scriverlo insieme.
Una rivoluzione senza armi
La mia è una rivoluzione civile. Di parole, di azioni, di coscienza. Le parole, se vere, possono essere più forti di mille proiettili. Possono incendiare i cuori, non per distruggerli, ma per accenderli di passione. Una passione civile che nasce da chi non si accontenta di lamentarsi, ma agisce. Che non si rifugia nei like, ma scende in strada, firma, incontra, si espone, si responsabilizza.
Perché chi resta a guardare, rinuncia al proprio potere. E chi rinuncia al proprio potere, consegna il futuro agli altri. A chiunque.
Dalle parole alla realtà
Internet è uno strumento potente, ma non basta. I social possono sensibilizzare, informare, persino scuotere. Ma poi serve il corpo. Serve la voce vera. Serve la firma su un foglio, la mano che si tende, la presenza viva di chi ci crede davvero.
Dietro a molti schermi si celano vigliaccherie, falsità, disprezzo mascherato da libertà d’opinione. Ma la vera democrazia è responsabilità: significa rispondere di ciò che si dice, di ciò che si fa, di ciò che si è.
Le vittime sono una sconfitta collettiva
In una società che vuole definirsi civile, la giustizia deve valere per tutti. Deve punire con fermezza chi fa del male. Deve ascoltare le vittime. Deve difendere i più fragili. La proporzione tra reato e pena non è vendetta: è un principio di giustizia, di dignità, di verità. Quando manca, la speranza vacilla.
Le vittime della violenza non sono un fatto privato. Sono una ferita pubblica. Una sconfitta di tutti. E se ci indigniamo ma poi restiamo immobili, la nostra indignazione è sterile.
Io voglio. E tu?
C’è una frase che mi accompagna da sempre: Io voglio. Non è un capriccio. Non è un comando. È una volontà attiva, profonda, che nasce dal desiderio di trasformare la realtà.
Io voglio un’Italia diversa. Io voglio che la solidarietà torni ad avere valore. Io voglio che la giustizia sia giusta. Io voglio che ogni cittadino si senta parte di un disegno comune.
Ma “io voglio” da solo è solo un grido nel vuoto. Per cambiare le cose, deve diventare “noi vogliamo”.
Ognuno è parte del motore del mondo
Non siamo passeggeri della storia. Siamo ingranaggi. Siamo ciò che la storia diventa, con le nostre azioni, le nostre scelte, i nostri silenzi.
Dentro ciascuno di noi esiste un cuore pulsante, una spinta, un senso. A quello io parlo. Voglio che le mie parole bussino alle vostre coscienze, che tocchino la parte più viva, più vera, più nascosta. Voglio che vi emozionino. Perché solo chi è emozionato è anche disposto ad agire.
Credenti o no: non dimentichiamoci dell’Uomo
Credenti e non, c’è un simbolo che dovremmo tutti contemplare: la figura dell’uomo sofferente, dell’innocente che subisce il male. Giovanni Paolo II lo disse con parole lucide: in quel volto martoriato c’è il riflesso di tutte le ingiustizie del mondo, di tutte le sofferenze inflitte a chi non ha colpe.
Ricordiamocelo ogni giorno, non solo a Natale. Perché se anche c’è meno luce nelle strade, possiamo ancora accendere una luce dentro di noi.
Un augurio che è un invito
A te che leggi, non auguro solo serenità. Ti auguro coraggio. Ti auguro la forza di essere parte della rivoluzione silenziosa e potente che questo Paese ha bisogno di vivere. Una rivoluzione fatta di umanità, giustizia, verità. Ti auguro di ritrovare la voglia di dire “io voglio”. E di gridarlo insieme ad altri. Perché solo insieme possiamo cambiare davvero quello che non va.


