La protesta dei forconi nasce dalla fame. Fame di pane, di giustizia, di rispetto. Non va repressa, ma ascoltata. E la politica deve inginocchiarsi, una volta tanto, davanti al popolo.
La rivolta della gente comune
La gente ha fame, ecco perché protesta. Dopo un governo tecnico che ha chiesto lacrime e sangue, in perfetta sintonia con un’Europa attenta solo agli interessi della finanza e indifferente alla persona, e dopo un anno di larghe intese in cui le uniche intese attuate sono state quelle per garantire la sopravvivenza di partiti in crisi d’identità, non poteva che scoppiare la rivolta sociale.
Ma questa volta a scendere in piazza non sono stati partiti, sindacati o militanti strutturati. Sono scesi i cittadini. Comuni. Disillusi. Esasperati. Uniti da una sofferenza concreta e quotidiana, che ha superato ogni appartenenza politica. E proprio per questo, la politica deve fare un passo indietro. Non un passo di repressione, ma di ascolto. Non un’analisi sterile, ma un atto concreto e reale.
Fame di pane e di giustizia
L’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa dove i segnali di ripresa non si vedono. Le imprese chiudono, la disoccupazione cresce, le persone si tolgono la vita perché non ce la fanno più. Chi scende in strada oggi lo fa per fame. Fame vera. Fame di pane. Ma anche fame di dignità, di ascolto, di presenza istituzionale. Fame di giustizia sociale, di pulizia morale, di legalità.
La gente è stanca. Della casta, dei favoritismi alle banche, delle rendite di posizione. Stanca di essere presa in giro da chi promette e non mantiene. Da chi governa in nome di un popolo che non ascolta mai. È stanca della corruzione che inquina ogni livello decisionale. Stanca del disprezzo verso gli onesti, mentre i furbi si arricchiscono.
La politica inginocchiata
La protesta dei forconi non va punita, se non nei rari casi in cui la violenza – spesso infiltrata – ha preso il sopravvento. Va invece compresa. Va rispettata. Perché è un segnale forte, umano, disperato. E va presa sul serio. Come prevede l’articolo 3 della nostra Costituzione, è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che limitano lo sviluppo della persona.
La politica deve scendere tra la gente. Non per farsi fotografare, ma per spalare il fango – anche quello metaforico – con mani nude. Deve inginocchiarsi, almeno una volta, davanti a quel popolo che non è “populista”, ma affamato. Di pane e di speranza. E capire che la vera lotta oggi non è per il potere, ma per la sopravvivenza della dignità.


