Ci sono reati che sono male in sé e non perché sono proibiti. E per chi li compie non deve esserci scappatoia.
Come ti sei sentita quando l’avvocato della difesa in tribunale ha detto: “ Dovete tenere conto della sua giovane eta”?
È come se mi avessero dato una coltellata alla schiena, mi sono alzata e sono uscita dall’aula gridando. Come si fa a dire una cosa del genere. Mia figlia era più giovane di lui e non c’è più a causa sua…
Ne hanno tenuto conto?
Non subito, ma in appello a Firenze il 15 luglio del 1994 gli hanno scontato otto anni per questo. Oggi è libero, perché tra la “giovane età” e gli sconti automatici che prevedono 45 giorni ogni sei mesi, la sua pena è passata da ventiquattro anni ai dodici effettivamente scontati.Anni nei quali ha potuto studiare e laurearsi in ingegneria. Per dare gli esami usciva scortato da due agenti a spese dei cittadini, e quindi anche mie. Non ho potuto pagare gli studi a mia figlia morta ammazzata, ho dovuto pagarli al suo assassino. Davvero lo devo accettare?
Avete mai ricevuto rimborsi per le spese sostenute?
Mai! Abbiamo avuto bisogno di una psicologa che abbiamo pagato cara, come abbiamo pagato cari gli avvocati. Due di loro poi li ho denunciati perché si sono approfittati della nostra debolezza. Non erano patrocinanti in cassazione e non ce lo avevano detto danneggiandoci. Ho intentato anche il processo civile, ma ancora oggi siamo in alto mare.
Lui ha una diffida di avvicinamento a voi familiari, giusto?
Sì, perché io non volevo che incontrasse mia figlia e lui mi aveva minacciata di morte. Non può entrare in tutta la Val D’Arda, ma non basta Barbara. Lui è milanese, vorrei che tornasse a Milano. Che se ne andasse da Piacenza. Che fosse distante chilometri da me. E’ la sola cosa che ancora chiedo.Per la legge ora è un uomo libero, non per me. Lui mia figlia l’ha condannata per sempre, l’ha condannata a morte. Il solo pensiero di poterlo incontrare mi fa troppo male…
La sua famiglia si è mai fatta viva?
Suo padre ha avuto il coraggio di incontrarmi dentro il tribunale di Bologna, e io l’ho apprezzato molto. Mi ha portato le cose di Rossana, piegate con cura. Il figlio diceva che era un burbero, invece per me è stato un uomo. È venuto e mi ha detto: “L’ho pensata molto mentre sistemavo le cose di sua figlia. Avrei dovuto incontrarla prima”. Mi ha dato ragione…
Com’ è stata uccisa Rossana ?
L’ha strangolata e poi l’ha gettata come un oggetto rotto in un casello ferroviario abbandonato. Pensava che il giorno dopo non ci sarebbe stato nessuno, così sarebbe partito per l’America e chi si è visto si è visto. Invece un’escavatorista ha scoperto il corpo. Sono risaliti immediatamente a lui.Quando sono andati a casa sua ci hanno messo un quarto d’ora lui e la madre per aprire. Dovevano nascondere le prove, si è anche lavato le scarpe.
Come hai saputo che era stata uccisa?
Tornata a casa da un giro al supermercato un vicino mi ha detto: “Guarda che sono saliti vigili e carabinieri, ti cercavano”. Allora mi sono recata dai carabinieri. Ho chiesto informazioni ma nessuno mi diceva nulla. “Aspetti il procuratore”. Il procuratore?Pensavo che mia figlia avesse rubato qualcosa, che avesse avuto un incidente. Poi un maresciallo ha cominciato a farmi domande, a scrivere al computer. Io chiedevo di mia figlia e lui: “Non sta tanto bene, ma finiamo le domande, poi glielo diciamo”.
Poi mi chiede se ho la chiave di casa di mio marito, eravamo separati. Sono andata a prenderla e ancora non sapevo niente. Vado lì, ci sono i giornalisti, c’è il procuratore. Aprono, perquisiscono la casa, allora io ho giunto le mani e ho gridato “ Santo Dio ditemi cosa è successo!” “Signora ma ancora deve capirlo?”
“Cosa c’è da capire, ditemelo voi io non voglio capire!”. All’altra mia figlia che abitava a Salso Maggiore al telefono hanno detto: “Vieni qua che tua sorella è morta”. Così, freddi. Non si può, non si può dimenticare… Noi siamo lasciati soli anche davanti a questo.
Invece dovrebbe affiancarci immediatamente un bravo psichiatra, perché fa troppo male e da solo non ce la fai. Quando l’ho vista sul tavolo dell’obitorio sono svenuta, mi hanno fatto firmare il foglio del riconoscimento da incosciente, non c’era nessuno con me a guidarmi, a spiegarmi quali diritti avevo.
Ora piange Letizia.
Io voglio che la gente sappia che cosa vuol dire perdere una persona in questo modo e come siamo trattati dopo. Deve saperlo perché altrimenti si sentono solo le voci degli assassini che a parlare hanno tutto l’interesse. Noi ci dobbiamo denudare per farlo, nella nostra intimità, ma se non lo facciamo tutto questo non cambierà mai.Non si deve dimenticare cosa ha sofferto lei e cosa soffriamo noi, perché tutto questo non si cancella. È stampato indelebilmente e fa male, sempre. Non è morta solo mia figlia, ma tutta la nostra famiglia. La nostra pena è certa e tutto questo la rende ancora più dura.
Chi ne è responsabile si è rifatto una vita, una famiglia, ha comprato casa e si è laureato proprio grazie al carcere. A noi ha regalato la distruzione e una vita come non la volevamo. L’ergastolo lo devono fare loro non noi, e devono anche pagare tutte le spese che abbiamo affrontato. Non lo dovevo pagare io il loculo per mia figlia, era lei che doveva pagarlo a me quando era ora…
Letizia ha la voce rotta dal pianto.
Rossana doveva continuare a vivere, non chiedeva altro. Vivere, diventare poliziotta… La giustizia sembra sorda e cieca a tutto questo male. Una persona che è stata uccisa innocente deve essere risarcita fino in fondo e la risarcisci solo se la pena è certa e adeguata al reato.Non può essere inferiore ai trent’anni, che sono una vita e devono essere scontati fino all’ultimo. Si chiama giustizia! Io voglio anche il risarcimento danni, perché voglio tirargli via tutto quello che posso per fare una fondazione a nome di mia figlia che non deve essere dimenticata e perché possa continuare a esistere facendo del bene agli altri. Lo merita.
Intervista di Barbara Benedettelli
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Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.
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