Due carabinieri accusati di stupro a Firenze

Carabinieri durante una parata
Stupro a Firenze: condanna in primis morale per i due carabinieri, ma anche prevenzione invitando i giovani al bere responsabile.

Lo stupro di Firenze, se accertato, segna una frattura profonda: due carabinieri accusati di aver abusato di due ragazze in stato di ebbrezza. Tradita la divisa. E ai giovani va insegnato a proteggersi, sempre.

Il simbolo della divisa e la sua violazione

Il presunto stupro di Firenze da parte di due carabinieri è un fatto che, se accertato, rappresenta uno dei punti più bassi della nostra civiltà. La divisa che i due militari portavano nel momento dell’abuso – secondo quanto riportato – non è solo un uniforme: è un simbolo di legalità, di protezione, di onore. È un modo di Essere.

Anche se le ragazze fossero state lucide e consenzienti, come i due uomini sostengono (tesi smentita dai primi risultati dell’alcol test), l’atto sarebbe comunque gravissimo. Perché chi indossa quella divisa, anche fuori servizio, ha un dovere etico inderogabile: proteggere, non approfittare.

Una condanna morale, prima ancora che penale

Saranno le indagini e i processi, se ci saranno, a stabilire eventuali responsabilità penali. Ma sul piano etico e morale, i due carabinieri – anche solo per essersi messi in quella situazione – sono già colpevoli. Lo ha sottolineato anche il generale Tullio Del Sette: “Il comportamento indegno, illegittimo e immorale di un qualche carabiniere non può oscurare il lavoro che compiono giorno e notte gli altri centomila”.

Ed è vero. La fiducia nell’Arma e negli uomini e donne che ogni giorno rischiano la vita per il bene comune, non deve vacillare per colpa di chi ha tradito tutto. Ma proprio per questo, ogni responsabilità va chiarita e, se confermata, punita senza sconti.

Proteggere, non approfittare: un dovere assoluto

Se una ragazza è in stato di ebbrezza, non è libera. È vulnerabile. Da un uomo qualunque dovrebbe essere rispettata. Da un carabiniere, deve essere protetta. Non è solo una questione di legge, è una questione di coscienza. Di civiltà.

E non importa se l’episodio si è verificato fuori dall’orario di servizio. Chi indossa quella divisa non può mai smettere di rappresentarla. Perché quella divisa non si toglie mai davvero.

Il dovere collettivo di prevenire

Ma oltre alla condanna, oltre all’indignazione, c’è un’altra responsabilità che va assunta: quella collettiva. Dei genitori, delle scuole, dei media, della politica. A educare. A prevenire. A spiegare ai ragazzi che la libertà non è ubriacarsi fino a perdere la coscienza. Che la protezione, la prudenza, l’ascolto di sé e degli altri non sono limiti, ma alleati della libertà stessa.

La sobrietà come protezione: riflessione oltre il caso

Dire che bisogna insegnare ai ragazzi a non esporsi non significa colpevolizzare le vittime. Significa responsabilizzare tutti. Come si fa con la guida: se sei ubriaco al volante, puoi uccidere te stesso e chi ti sta intorno. Se non sei lucido nella vita, puoi diventare vittima del primo vigliacco che incontri.

E allora se si esce in due, uno dei due dovrebbe restare sobrio. Per proteggere. Per esserci. Per tornare a casa.

di Barbara Benedettelli — Sociologa, saggista, giornalista e Vicepresidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime. Autrice di numerosi libri e studi su crimine, giustizia, AI e relazioni umane.

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Barbara Benedettelli

Barbara Benedettelli è sociologa, saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.

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Chi è Barbara Benedettelli
Sociologa, giornalista e saggista. Autrice di inchieste su giustizia, vittime, violenza relazionale e intelligenza artificiale. Editorialista per Il Giornale e autrice di saggi come Dialogo con l’Umanità, Connessioni Pericolose e 50 Sfumature di Violenza.

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