Una ragazza accoltella il padre per difendere la madre: è legittima difesa o un fallimento del sistema? Una riflessione urgente sul senso della giustizia e della tutela.
Una storia di violenza e disperazione
È accaduto a Milano, in via Monte Rotondo. Una ragazza di 17 anni ha accoltellato il padre al torace mentre questi stava aggredendo la madre, stringendole le mani al collo. L’uomo, 44 anni, con precedenti per droga, è stato ricoverato d’urgenza e operato. Le sue condizioni sono gravi ma stabili. Lei, la figlia, è stata arrestata per tentato omicidio.
La notizia, riportata dall’ANSA, colpisce con la forza brutale della realtà che non si può ignorare. Colpisce non tanto per il gesto in sé, ma per ciò che racconta: il passato di violenza che probabilmente quella ragazza ha vissuto. Il dolore assistito, le minacce, forse anche le percosse. È il segno di una violenza cronica che ha prodotto, infine, la tragedia.
La legittima difesa: diritto, dovere o disperazione?
È legittima difesa? Questo lo stabiliranno i giudici. Ma, al di là del diritto, c’è una realtà che interroga la coscienza di un Paese. Una ragazza minorenne che si trova a dover salvare la madre da morte certa, usando l’unico strumento che ha a disposizione: un coltello.
La legittima difesa, nella sua essenza più vera, non è solo un diritto: è un atto disperato di chi cerca di impedire un male più grande. Un gesto di protezione, forse l’ultimo possibile. E in quel gesto, anche la violenza della figlia si inscrive nel dolore, non nella colpa.
Il fallimento delle istituzioni
Se l’uomo era noto per violenza domestica, se c’erano precedenti, se la madre aveva denunciato, perché si è arrivati a questo punto? Se nessuno ha ascoltato, se nessuno ha agito, se nessuno ha protetto, allora è la giustizia a dover rispondere. Non la ragazza.
Troppo spesso le Vittime sono lasciate sole. Le donne non denunciano per paura, per sfiducia, per vergogna. Perché sanno che, anche se denunciano, potrebbero non essere credute. O peggio: lasciate senza protezione, come accade ancora troppo spesso.
Una riflessione urgente
Il padre ora è in ospedale, la figlia in stato d’arresto. Ma il problema è molto più grande. È un problema sistemico. Non è solo un caso di cronaca: è il grido di un sistema che non funziona. Un sistema che punisce chi cerca di difendere la vita, ma che non ha fatto abbastanza per impedirne la distruzione.
Se quella ragazza è colpevole, allora lo siamo tutti. Perché la sua colpa è anche nostra, collettiva. Sta a noi, come società, costruire un sistema che non costringa più una figlia a diventare giudice e carnefice per salvare sua madre.


