I provvedimenti di clemenza non risolvono il problema del sovraffollamento ma aumentano i reati e le vittime
Quanti provvedimenti di clemenza
Tra il 1942 e il 2006 ci sono stati 35 provvedimenti di clemenza (indulti, indultini, amnistie) fatti in gran parte per motivi per lo più politici o di pacificazione sociale. Il primo vero indulto che possiamo definire “di massa” per l’alto numero di persone coinvolte – e che ha rimesso in libertà anche recidivi, plurirecidivi e delinquenti colpevoli di reati predatori – è quello del 2006, passato con 460 voti a favore, 94 contrari e 18 astenuti alla Camera, e 245 voti favorevoli, 56 contrari e 6 astenuti in Senato. Il numero di soggetti che sono tornati in libertà dopo aver usufruito del provvedimento di clemenza è di circa 44.994, probabilmente di più perché l’indulto ha avuto effetto anche negli anni successivi. Tale cifra si ottiene sommando i 27.607 scarcerati dopo il provvedimento con i 17.387 dimessi dalle misura alternative (ma che c’entra la misura alternativa ovvero i domiciliari e la messa in prova, con il sovraffollamento?).
L’indulto del 2006
Il solo studio effettuato sugli effetti di tali provvedimenti risale al 1978, “Benefici di clemenza e il relativismo”, che non comprende l’indultino del 2003 e l’indulto del 2006. E’ forse giunto il momento di realizzare un nuovo studio approfondito e completo, che prenda in considerazione più varianti e tutti gli attori del reato, quindi anche le persone che ne sono state colpite. La legge 31 luglio 2006 (indulto) comprendeva i reati commessi fino al 2 maggio dello stesso anno, puniti entro i tre anni di pena detentiva e con pene pecuniarie non superiori a 10.000 euro.
Il provvedimento prevedeva però anche uno sconto di tre anni per chi era condannato a una pena detentiva di maggiore durata, per un fatto commesso precedentemente alla stessa data. Il beneficio era revocato a chi, entro i cinque anni successivi, avesse commesso nuovi reati non colposi per i quali è comminata una pena non inferiore a due anni. Si consideri che ancora oggi c’è chi esce anticipatamente grazie a quel provvedimento, per lo più persone che avevano una pena lunga da scontare, per esempio per omicidio, reato che, come l’ omicidio tentato, non era escluso. A significare quale valore diamo alla vita umana!
Erano invece esclusi dalla concessione d’indulto i colpevoli di alcuni reati previsti dal codice penale, come l’associazione sovversiva, i reati di terrorismo, la strage, il sequestro di persona, la banda armata, l’associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale relativi alla tratta di persone, l’associazione di tipo mafioso, la riduzione in schiavitù, la prostituzione minorile, la pornografia minorile, la violenza sessuale, l’usura, il riciclaggio, produzione e traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti. Non erano esclusi il furto con strappo, il furto anche aggravato, la rapina, la violenza privata e domestica, l’omicidio volontario, preterintenzionale e il tentato, l’omicidio colposo, tra gli altri gravissimi reati – che non stiamo ad elencare – previsti dal codice penale.
Tipologia di reati commessi da indultati entro il gennaio 2017
CONTRO IL PATRIMONIO 46,86%
DROGA 14,48%
CONTRO LA PERSONA 10,4%
ARMI 7 55%
FEDE PUBBLICA 7,02%
CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 4,54%
CONTRO AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA 3,90%
CONTRAVVENZIONI 1,37%
ALTRI 1,61%
Analizzando le statistiche giudiziarie penali regionali, relative al dopo indulto, si rileva che l’aumento dei reati denunciati cresce con l’aumento degli scarcerati. Dall’agosto del 2006 – e per i quattro anni successivi – l’aumento dei reati (come si nota nell’Indice di Detenzione) è costante. Dal 2011 si nota un calo significativo, ma resta elevato il tasso di criminalità. E anche qui una comparazione è necessaria, bisogna chiedersi perché calano i detenuti, ma aumenta la criminalità. Perché ci sono meno delinquenti in cella e più nelle nostre strade.
Al di là dell’indulto e dei suoi effetti criminogeni, è importante, per rispondere a questo quesito, valutare l’efficacia in termini di sicurezza pubblica delle misure premiali e sempre più miti. Nel 2012 in Italia ci sono stati cinque reati al minuto, 320 all’ora, quasi 8.000 al giorno. E si parla solo di quelli denunciati. Da calcoli e percentuali (anche relative alla recidiva) è escluso infatti il “numero oscuro” ovvero il numero dei reati non denunciati e dei rei che non vengono scoperti.
Nel caso dei furti in abitazione tentati, ad esempio, la quota di sommerso è pari al 60% mentre solo il 37,6% delle vittime denuncia lo scippo, e solo il 10% le violenze sessuali. Se si tiene conto della quota di sommerso la recidiva da indulto può essere anche tre volte tanto quello che viene dichiarato. Inoltre, molti recidivi e plurirecidivi che hanno beneficiato del provvedimento sono criminali abituali che mettono in conto il carcere come rischio del mestiere e che hanno una certa esperienza nel non farsi scoprire, anche in virtù del fatto che solo l’80% dei reati denunciati trova un colpevole.
La probabilità di non essere scoperti è elevata per il furto di oggetti personali (88,5%), per il borseggio (75,9%), per il furto in abitazione (69,9%), per lo scippo (66%), per la rapina (50,8%), per il furto d’automobile (43,6%) e anche per la violenza sessuale in virtù di quel 90% di donne che non la denuncia. Evviva! Tra luglio-dicembre del 2005 e luglio-dicembre del 2006 (periodo del dopo indulto) sono aumentati: furto con destrezza (+19,69) rapine in banca (+ 18,30), furto con strappo (+17,93), furti in abitazione (+ 8,63%), furti (+5,36), omicidi volontari (+4,19).
E stiamo parlando di appena cinque mesi dopo il provvedimento che ha avuto effetti, lo ricordiamo, per i quattro anni successivi. Secondo una ricerca dell’ABI effettuata subito dopo l’indulto del 2006, sono aumentati i reati come spaccio di stupefacenti, furti d’auto, borseggi e omicidi preterintenzionali e volontari. In particolare nel mese successivo hanno avuto un’impennata le rapine in banca (+30,5%), che nell’anno precedente avevano invece segnato una linea decrescente -17%. Chi è favorevole a indulto e amnistia afferma che l’allarme sociale non è giustificato. Fate voi!
A riprova che i provvedimenti d’impunità sono tutt’altro che rieducativi, preventivi e deterrenti, bisogna pensare che i reati aumentano non solo perché chi doveva essere in carcere a partecipare a programmi trattamentali (efficaci!) invece reitera, ma anche perché l’effetto su quella fascia di popolazione libera, ma borderline, è devastante. Insomma, se qualcuno era indeciso, diciamo che magari si è convinto che forse il gioco vale la candela.
Un dato interessante ai fini della valutazione dell’effetto che tali provvedimenti hanno in termini di rieducazione e deterrenza, lo abbiamo nel fatto che tra gennaio e luglio del 2006 (prima dell’indulto) i reati predatori come furti e rapine erano in calo rispetto allo stesso periodo del 2005. I furti denunciati erano diminuiti di 23,323 unità, mentre le rapine di 1.048. Invece, nel solo periodo immediatamente successivo al provvedimento (agosto-settembre), si è saliti rispetto allo stesso periodo del 2005 di 1.952 rapine e di ben 28.830 furti. Invece di fare passi avanti facciamo passi indietro!
Negare gli effetti nefasti dell’indulto sull’aumento della criminalità a fronte di tali dati è, quantomeno, fazioso. Di certo non aiuta a risolvere il problema, anzi, lo alimenta. Bisogna trovare una mediazione tra il rispetto della legalità in carcere, il diritto alla sicurezza riconosciuto a ogni cittadino e il diritto alla riparazione del torto subito, per fare questo occorre lavorare su dati certi e comparati in modo corretto, concentrandosi su tutti gli attori del reato (colpevoli e Vittime), ma anche su chi non deve diventare né l’uno né l’altro.
Costi sociali dell’indulto del 2006
I costi sociali sono difficilmente quantificabili, specie con i dati di cui siamo in possesso e senza una ricerca organica che comprende i diversi strati sociali coinvolti, che non si limitano a quello carcerario, giudiziario e penale. Un’idea però l’abbiamo. Quando viene decisa una misura eccezionale come l’indulto o l’amnistia, il legislatore mette necessariamente in conto un possibile aumento del crimine (il famoso “effetto collaterale”, che ha un costo, ovviamente pagato dai cittadini) che però dovrebbe restare al di sotto del beneficio derivante dal provvedimento di clemenza.
Rimarcando il fatto che per noi anche una sola vita umana perduta a causa di questo provvedimento è un costo che deve essere evitato, le cifre che emergono dall’ISTAT e dall’ABI indicano che il risultato raggiunto è notevolmente al di sotto delle aspettative: a fronte di una spesa media per detenuto calcolata intorno ai 70mila euro l’anno, la società civile paga un prezzo medio stimato in 150mila euro, in conseguenza dei crimini commessi nuovamente dai detenuti che hanno usufruito del beneficio di clemenza.
Una stima che non tiene conto di alcune tipologie di reati, come lo spaccio di stupefacenti, gli omicidi stradali, i tentativi di omicidio e la categoria residua dell’Istat “altri crimini”. Inoltre l’indulto si applica anche a pene pecuniarie sotto i 10.000 euro, il che significa qualche centinaio di milioni di euro in meno nelle casse dello Stato. Che poi saranno naturalmente richiesti ai cittadini onesti tra i quali ci sono anche le vittime dei reati!
Ci sono poi i costi di polizia e di magistratura dovuti alla commissione di nuovi reati, ma anche i costi sostenuti per processi che grazie all’indulto sono stati, nella sostanza, inutili. Chi rientra in carcere inoltre dovrà prolungare il soggiorno, in virtù dell’ovvio aumento di pena, e ogni giorno di permanenza ha un costo. Per quanto riguarda i recidivi che prima erano alle misure alternative – come abbiamo già detto – poi si troveranno a dover dividere le celle con altri detenuti e ad alimentare il sovraffollamento, e magari ad aprire una vertenza con la Corte Europea che ci costerà qualche altro migliaio di euro. Come dire “sì, questi provvedimenti clemenziali (che preferiamo chiamare demenziali) sono risolutivi e per nulla dispendiosi!” Beato chi ci crede!
Quando per curare un cancro si sbaglia la cura o si usa solo un palliativo, il rischio è che le metastasi aumentino e alla fine non ci sia più nulla da fare. E’ questo che vogliamo? E qui qualcuno potrebbe obiettare che questi reati sarebbero stati commessi anche se la pena fosse stata scontata fino alla fine. Se fosse davvero così, allora aboliamo direttamente l’intero sistema giudiziario e penale, tanto non serve a niente!
Di fatto un pizzico di verità c’è e sta a dimostrare il fallimento di un modello rieducativo che ci si ostina a mantenere inalterato. Serve a poco aumentare la capienza delle carceri o svuotarle con provvedimenti d’impunità se non si lavora correttamente e realisticamente sulla rieducazione e sulla prevenzione della criminalità. Come afferma la Corte Costituzionale con la sentenza numero 12 del 1966 in riferimento all’articolo 27 della Costituzione, “la rieducazione del condannato, pur nella importanza che assume in virtù del precetto costituzionale, rimane sempre inserita nel trattamento penale vero e proprio. […] Rimane in tal modo stabilita anche la vera portata del principio rieducativo, il quale, dovendo agire in concorso delle altre funzioni della pena, non può essere inteso in senso esclusivo e assoluto. […] E ciò, evidentemente, in considerazione delle altre funzioni della pena che, al di là della prospettiva del miglioramento del reo, sono essenziali alla tutela dei cittadini e dell’ordine giuridico contro la delinquenza, e da cui dipende l’esistenza stessa della vita sociale.”
Noi invece neghiamo che la pena ha anche una funzione deterrente e una preventiva, di per sé. Continuiamo a portare avanti un modello penale e rieducativo utopistico e ipocrita. A rimetterci sono sempre i cittadini per bene, ma anche i detenuti, di cui alla fine non sappiamo quanto importi davvero ai signori politici che in questi giorni si affannano a chiedere indulti e amnistie, anche di fronte all’evidenza del fallimento dei provvedimenti di clemenza precedenti, e delle conseguenze nefaste sotto ogni profilo, compreso quello, non trascurabile, di una sfiducia nella politica e nei politici che non potrebbe che aumentare, pericolosamente.


