Figlio adottivo, figlio di serie B? Secondo la Cassazione sì: il vincolo di sangue conta più di quello d’amore. E così, per l’uomo che ha ucciso Ion, niente ergastolo.
Una sentenza che fa discutere
Era il 2012 quando Elisaveta ha denunciato per la prima volta il marito Andrei: violento, spesso ubriaco, l’uomo la picchiava, la minacciava con un coltello. Le denunce si sono susseguite, ma nessuno ha protetto lei e suo figlio Ion, adottato anni prima in Moldavia. Nessuno – fino a quel tragico giorno del novembre 2013, quando Andrei ha affondato il coltello nel corpo di Ion, intervenuto per difendere la madre. Poi ha colpito anche lei, riducendola in fin di vita.
Elisaveta si è risvegliata dal coma fisico, ma non da quello del dolore. Ha perso un figlio. Un figlio a tutti gli effetti. Eppure, secondo la Cassazione, quel legame non basta per mantenere la condanna all’ergastolo: non c’è il vincolo di sangue. Non c’è l’aggravante.
Ma cos’è un figlio?
Sul piano civile, etico, umano, Ion era un figlio. Lo era per scelta, per amore, per legame profondo. La madre non lo ha partorito, ma lo ha scelto, cresciuto, amato. E lui è morto per proteggerla. Ma per il Codice Penale, quel vincolo non basta: il figlio adottivo è meno figlio del figlio biologico.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha già condannato l’Italia per non aver protetto Elisaveta e Ion, nonostante le ripetute denunce. Una condanna per violazione dei diritti umani e per discriminazione. Elisaveta, dice la Corte, non è stata protetta in quanto donna. Ma Ion?
Per la legge penale italiana, sembra che non sia stato nemmeno figlio. E allora cosa era? Un affetto invisibile? Un legame cancellabile? Un sacrificio senza nome?
Figli di serie B?
Nel nostro Paese, mentre si sostituiscono le parole “madre” e “padre” con “genitore 1” e “genitore 2” per garantire uguaglianza e inclusione, nel diritto penale si discrimina. Si toglie peso all’adozione proprio dove dovrebbe contare di più: nella valutazione del valore della vita.
La Legge 184/83 afferma che l’adottato “acquista lo stato di figlio nato nel matrimonio degli adottanti”. Il Codice Civile equipara i figli adottivi a quelli naturali. Ma il Codice Penale no. La sua rigidità trasforma un figlio in un “quasi figlio”, proprio nel momento più tragico: quando muore per mano di chi lo doveva proteggere.
Una ferita nel diritto, un affronto all’etica
Il diritto penale ha anche una funzione simbolica. Stabilisce cosa è bene e cosa è male. Cosa vale, e quanto vale. Dire che un figlio adottivo vale meno di un figlio naturale è un affronto all’etica. Alla giustizia. Alla realtà.
Oggi è tempo di ricongiungerci con il senso profondo delle parole. Con il reale valore dell’amore, della responsabilità, della genitorialità scelta. Perché nessun figlio – mai – dovrebbe essere considerato di serie B. Soprattutto davanti alla morte.


