Il divorzio è spesso più faticoso del matrimonio stesso. Non solo per gli aspetti legali o pratici, ma per il terremoto emotivo che porta con sé. Chi lascia viene spesso visto come il carnefice, e chi è lasciato può trasformarsi in giudice, vittima, o peggio ancora, carnefice a sua volta. Ma separarsi non è un reato. È, talvolta, l’unica strada per salvare se stessi.
Se chi viene lasciato ti impedisce di andare via
Spesso si investono più energie nel divorzio di quante non se ne siano spese nel matrimonio. Coloro che rivestono il ruolo di vittime proclamano una vera e propria guerra contro chi, per verità dei sentimenti, indisponibilità verso i compromessi, o una differente evoluzione interiore, ha scelto di troncare il legame.
Violenza psicologica e fisica, ricatto, bugie, vittimismo, vendetta, competizione e spesso l’ignobile strumentalizzazione dei figli, sono armi acuminate contro le quali è salutare doversi difendere. In questo modo, ricominciare diventa difficile per tutti. Per vendicarsi della tua scelta di libertà, lui ti rende prigioniera di una guerra che non condividi, ma alla quale sei obbligata a partecipare per non rimanerne schiacciata.
Quando separarsi diventa una colpa
Spesso chi ha subito il distacco non riesce a superare il lutto che comporta, specialmente quando ritiene l’altro una proprietà privata o la sola ragione di vita. Le guerre crudeli che si verificano derivano quindi dall’incapacità d’amare senza condizioni.
Quando ho chiesto la separazione, non ho commesso nessun reato. Non ho voluto fare un gioco sado-masochistico rimanendo legata a una scelta che avevo fatto in passato. Nel presente, l’unione istituzionalizzata era diventata insostenibile. Ho scelto l’autenticità dei sentimenti, rifiutando ipocrisia e falsità che sarebbero inevitabilmente scaturite dal mantenere in vita un rapporto ormai logoro. Eravamo diventati conoscenti che dividevano lo stesso tetto.
Uscire dalla dipendenza affettiva
Ho vissuto la prima parte della mia vita in uno stato di dipendenza dagli altri. La mia vulnerabilità, il bisogno d’amare e di cercare sostegno al di fuori di me, mi avevano costretta a un’esistenza a metà. Ho vissuto nove anni col mio ex marito in uno stato di torpore, in cui avevo dimenticato chi ero e cosa volevo. Avevo smesso di sognare, desiderare. Agivo pensando che facendo felici gli altri, loro avrebbero fatto lo stesso con me. Invece, ogni volta mi ritrovavo a dover rinunciare, a dovermi adattare, a dimenticarmi di Barbara.
Il giorno in cui ho scelto la libertà
Bellissimo fu il giorno in cui, pur con mille paure, tra incertezza e confusione, presi le mie cose e me ne andai. Non dimenticherò mai la sensazione di libertà che provai quando aprii le porte della mia nuova casa e mi gettai sorridente sul pavimento, proiettando sul soffitto bianco un futuro come lo volevo io. Sensazioni di impotenza e onnipotenza si intercalavano in un turbinio infinito. Freneticamente, ma anche con piacere, la mia mente cercava il modo di compiere il mio destino.
Il prezzo della dignità
La sensazione di essere viva era così forte, così reale e tangibile, che non sarei più tornata indietro. E non l’ho fatto. Neanche quando mi sono trovata senza soldi, senza amici, senza lavoro, senza parenti.
Avevo la mia vita. Potevo decidere in ogni momento il mio destino. Potevo fare del mio dono la mia più bella opera d’arte. E proprio grazie a questo pensiero, ripresi in mano i colori e decisi di fare del mio amore per la pittura un mestiere. Ma per una donna, separata e piacente, tutto è più difficile. Ho dovuto abbandonare quella strada per non scendere a compromessi che mi avrebbero tolto il bene più prezioso: la dignità.
Una nuova vita, anche tra mille ostacoli
Con grande orgoglio ho superato mille ostacoli: un marito incattivito, parenti che non accettavano la mia scelta, uomini senza scrupoli, i pregiudizi della gente. Potevo farcela, sapevo che prima o poi sarebbe cambiato tutto. Mi sono persa, sono stata vinta dalle passioni, dal peso della responsabilità di crescere un meraviglioso bambino. Ma ho tenuto duro.
Ciò che ho passato mi ha insegnato ciò che ho scritto in Punto e a Capo (Mondadori 2004). Oggi sono felice, realizzata, padrona del mio destino. Ieri ero come te nei momenti peggiori: persa, vulnerabile, apatica, depressa.
Ricominciare è possibile, sempre
Spero di averti dato una speranza, un po’ di coraggio in più. Ricominciare è difficile, ma si può. Pensa di essere una donna meravigliosa, un’incredibile creatura molteplice. Meriti il meglio.
Non esiste peggiore tortura di quella di mantenere vivo un rapporto in cui non esiste più l’amore. È decisamente meglio restare sole, salvaguardando il diritto di essere padrone della propria vita, senza precludere la possibilità di incontrare, prima o poi, un uomo con cui camminare, con cui ricominciare. Non c’è peggior esistenza di quella piena di rimpianti. Non c’è offesa maggiore alla vita che sprecare le proprie qualità. Non c’è più grande possibilità che ricominciare.


