Dopo un divorzio, tutto sembra da rifare. E in effetti lo è. Ma cambiare significa evolvere. Barbara Benedettelli racconta la trasformazione che segue la fine di un amore: dal dolore alla rinascita.
Il cambiamento come legge universale
Il Cambiamento governa il mondo intero. Non puoi opporti. La separazione, imposta o subita, richiede in ogni caso un cambiamento, una trasformazione che coinvolge sia l’intimità di una persona sia l’ambiente circostante in cui si muove. Da una parte l’anima e dall’altra il mondo. Aspettati un cambiamento a trecentosessanta gradi.
Prima di adesso eravate una squadra formata da due individui, abitavate una casa comune, avevate amici, riti e abitudini consolidati nel tempo. Ora hai solo te stessa e da lì devi ripartire. Ostinarsi a rimanere attaccata alle vecchie dinamiche di coppia, non può che essere fonte di frustrazione e dolore. Soprattutto è un ostacolo al naturale corso degli eventi.
Il cambiamento ci conduce verso l’incerto. C’impone di partire senza conoscere la meta finale, ma costituisce una delle regole ferree che governano l’intero universo.
Trasformazione e consapevolezza
Tutto si evolve. Opporre resistenza o lasciarsi trasportare dalla corrente è controproducente. Con la scelta di separarsi ti aspettano decisioni dolorose e scelte impopolari che spesso metteranno in discussione tutto il tuo vissuto.
Ma come potersi fermare? Il cambiamento talvolta è il risultato della presa di coscienza di un senso di malessere profondo che al momento non hai saputo riconoscere, o che invece hai messo a tacere per convenienza e apparente comodità.
Spesso la trasformazione nasce da una crisi la cui profondità è tanto più grande quanto più ampio è il senso d’insoddisfazione e di dolore provati.
Il rischio della paralisi: la lezione della libellula
Il rifiuto ad accettare il mutamento produrrà un meccanismo infernale in cui ci si troverà a vivere una condizione a dir poco castrante. Sarebbe come se, nel momento in cui uno stadio della vita è arrivato a compimento, ci si privasse di qualcosa di essenziale come l’uso di gambe e braccia.
Ti troveresti in una sospensione in cui la paura del futuro e la nostalgia del passato, senza l’intervento di un’azione concreta, ti porterebbero se non alla morte, sicuramente all’immobilità.
La metafora della libellula è perfetta: nella penultima mutazione, la ninfa dovrebbe uscire dall’acqua e posarsi su un ramo per permettere alle ali di formarsi. Ma se, per paura di volare, le danneggia, non potrà mai spiccare il volo. Resterà a terra. E morirà.
Mutazione e rinascita: la forza del cambiamento
Il ciclo di vita della libellula è simbolico. Da creatura abissale a splendida danzatrice dell’aria. Così anche noi attraversiamo mutazioni interiori, passaggi dolorosi che però possono condurci a una forma più compiuta di noi stesse. Ma solo se accettiamo la legge del cambiamento.
Come la ninfa che lascia la sua condizione per diventare libellula, anche noi dobbiamo accettare di lasciarci alle spalle ciò che conoscevamo per accogliere ciò che ancora non vediamo. È l’unico modo per evolvere. Per non restare bambine inconsapevoli in un corpo adulto.
Libertà e destino: l’umanità in cerca di sé
Accettare il cambiamento è il segreto per vivere serenamente. Noi non siamo larve o bruchi. Abbiamo la capacità di scegliere, riflettere, cambiare direzione. E questo ci distingue dal resto del creato. Il nostro corpo si trasforma, e alla fine dei suoi giorni torna polvere.
Ma la nostra anima è spinta da un bisogno inestinguibile di completezza. Da una tensione verso l’evoluzione che ci accompagna per tutta la vita.
Da Eva a oggi: il cambiamento come condizione umana
Adamo ed Eva, cogliendo il frutto proibito, hanno spezzato una perfezione inconsapevole e introdotto nell’esistenza umana l’ambivalenza, la precarietà, il dolore. Ma anche la libertà. Da allora l’essere umano è condannato – o forse destinato – a cambiare per sempre. Questa è la nostra eredità. E anche la nostra possibilità.


