Durante il lockdown, gli adolescenti sono stati i più trascurati. Isolati, privati della scuola e delle relazioni, hanno pagato un prezzo altissimo in termini emotivi e psicologici. Abbiamo legato loro le ali proprio mentre imparavano a volare. Ora ci chiedono: chi ci restituirà ciò che abbiamo perso?
Adolescenti ristretti: danni profondi e domande inevase
Fiorello ha pianto parlando della figlia, chiusa in casa in una delle età più belle e decisive della vita. Anch’io ho pianto. Mamma di un quattordicenne coetaneo, ho visto con i miei occhi l’isolamento trasformarsi in condanna. Una pena silenziosa, senza possibilità di appello, con effetti che nessuno – ancora oggi – si prende la responsabilità di affrontare. Né la scuola, né le istituzioni, né chi dovrebbe tutelare la salute mentale delle nuove generazioni.
Gli effetti della prigionia sono evidenti. Lo dicono i pochi studi seri, lo raccontano i reparti psichiatrici pediatrici, dove i ricoveri per crisi psicologiche sono aumentati, a volte drasticamente, insieme ai casi di autolesionismo, ansia, depressione.
Eppure, in alcune regioni si è continuato a chiudere le scuole da un giorno all’altro. Senza preavviso, senza pensare ai genitori lavoratori. Ma, soprattutto, senza pensare a loro: i ragazzi. Gli adulti di domani, che non riescono più nemmeno a immaginarlo, un futuro.
In Lombardia, dove vivo, i liceali si alternavano a singhiozzo. Un giorno sì, uno no. Una settimana sì, una no. Poi, il giovedì sera, arriva l’ordine di chiusura per il venerdì. Per chi prende decisioni dall’alto, è solo un giorno in meno. Per un ragazzo del 2021, è un giorno in meno d’aria. Il sabato avrebbe cambiato qualcosa per il virus? Forse no. Per loro, sì.
Abbiamo modificato le aule, allargato i banchi, tenuto le finestre aperte d’inverno, costretto a indossare mascherine per ore. Poi, quando finalmente ritrovano la scuola, li rimandiamo a casa. Di nuovo DAD. Di nuovo solitudine. Ma la scuola non è solo nozioni. È corpo, relazione, contatto, scoperta. Lo snodo tra medie e superiori è una tappa fondamentale dell’evoluzione umana. Il coetaneo, amico o rivale che sia, è lo specchio necessario per conoscersi. Non è un vezzo. È una necessità biologica e psichica.
I nostri ragazzi sono passati dalla DAD della terza media a un esame a distanza, fino a salutare i compagni in chat. Poi, la prima liceo, in cui non conoscono neppure i volti dei nuovi professori. Solo occhi stanchi, a volte arrabbiati. Chi elogia la DAD ha mai ascoltato davvero un figlio? Ha mai sentito il pianto sordo della sua anima?
Ritengo la DAD un “Dispositivo Altamente Degenerativo”. Perché lo è. L’apprendimento può anche essere recuperato, ma la crescita relazionale, emotiva e umana no. Quella si costruisce nella carne viva dell’incontro, non attraverso schermi freddi.
In una fase evolutiva irripetibile, in cui iniziano a spiccare il volo, abbiamo legato loro le ali. Il rischio è che, una volta sciolti i nodi, non sappiano più volare. Troppo tempo è passato. Troppi silenzi. Troppa paura inoculata. Troppa indifferenza adulta. E non solo paura del virus. Ma anche paura degli adulti stessi, che li hanno guardati come potenziali untori o problemi da contenere. Hanno imparato a non fidarsi delle istituzioni. Hanno imparato a sentirsi invisibili.
Recupereranno mai un anno di vita interiore interrotto?
Chi restituirà loro la possibilità di crescere nel contatto, nell’errore condiviso, nello sguardo dell’altro? Nessuno sembra domandarselo davvero. E la scuola? Come può continuare a far finta che nulla sia accaduto? Programmi identici, interrogazioni a raffica, 3, 4, 5 assegnati come se fossero macchine. Come possono ragazzi fragili, demotivati, arrabbiati, tristi, reggere una didattica che non ha saputo evolversi?
Infine, la beffa: scuole chiuse e negozi aperti. Perché serve farli sopravvivere, ci dicono. Ma loro – i nostri figli – che muoiono dentro, ogni giorno un po’ di più, non meritano lo stesso diritto alla vita? Interrogativi che resteranno nella storia. O nel silenzio. Noi, oggi, abbiamo il dovere morale e civile di non dimenticarli.


