Ci sono reati che sono male in sé e non perché sono proibiti. E per chi li compie non deve esserci scappatoia.
Vallanzasca mi ha cambiato la vita senza che io lo volessi. Senza che io e le mie figlie avessimo colpe. Lui ha detto che gli ostacoli li abbatte. Ma noi non eravamo nemmeno un ostacolo per lui. Gabriella Vitali è la moglie di Luigi D’Andrea. Ucciso da Renato Vallanzasca il 6 febbraio del 1977, insieme al suo collega della Polizia Stradale di Bergamo Renato Barborini. Avevano trentuno e ventisette anni.
Una cosa che aggiunge dolore al dolore, è che la gente non capisce perché vi opponete a permessi, premi, sconti di pena per chi ha cambiato le vostre vite negandola a chi amate. Perché vi fa così male?
Noi stiamo bene, per come si possa stare bene nella nostra condizione, solo quando sappiamo che gli assassini sono in carcere. Quando sappiamo che gli è stata negata quella stessa libertà di esistere che lui ha negato a chi ha ucciso e a noi. Solo così sentiamo che la giustizia è giusta. E’ stato condannato, non lo si dimentichi, a quattro ergastoli per 260 anni complessivi di reclusione. Invece…
Invece il sistema giustizia non li mette nella condizione di fare un percorso anche doloroso dentro le proprie colpe. Di assumersi la propria personale responsabilità.
No. Gli psicologi, gli educatori, dovrebbero ottenere segnali inequivocabili che chi ha ucciso ha capito fino in fondo quanto male ha fatto. Che questo male rimane per sempre perché è il frutto dell’ingiustizia. Quella che nessun essere umano può sopportare. La moglie di Vallanzasca ha avuto il coraggio di dire: “Io non capisco tutto questo odio dei parenti delle Vittime, dopo tanti anni.
Lui è quello che ha pagato più di tutti.” No signora, le sue Vittime hanno pagato più di tutti. Se lei si riferisce a chi ha ucciso ed è libero in pochi anni beh, l’anomalia è questa. Non suo marito. Lui si è potuto anche sposare. Mio marito me lo ha ammazzato. Si è anche fatto le vacanze a Ischia, o Capri, io le devo ancora vedere. Poi dico: “Parli per lei. Io non odio nessuno”. Però voglio giustizia.
La condanna la deve espiare per intero. Allora se così non è smettiamo di punire i bambini, smettiamo di insegnare le regole, smettiamo di seguirle perché tanto sono come il niente.
Oggi la parola punizione è quasi più tabù della parola omicidio. Chi uccide, troppo spesso ormai, diventa una star. Miti, a volte…
E questo è l’inaccettabile che si aggiunge all’inaccettabile. E’ un masso che la cultura, la società, e lo Stato che lo permette, gettano sulle nostre teste, sulla nostra dignità umana. Io non so che mondo troveranno i miei nipoti… a me è stato detto da una persona del popolo: “Ma dopo tanti anni pensi ancora a tuo marito?” “Bè, sai, quando guardo le mie figlie chissà perché mi viene in mente lui.
Sono uguali.” Un’altra mi ha detto: “Vedi se tu ti rifacevi una vita non pensavi più a queste cose”. Ma io non mi sono separata da mio marito perché non lo amavo più. Ero felice con lui. Non posso smettere di amarlo perché qualcuno ha deciso che la sua vita doveva finire. Io voglio lui, anche se fisicamente non è qui.
In questi anni, in questo percorso per ricominciare, è stata sostenuta dalle istituzioni?
Se noi avessimo le attenzioni che hanno i carcerati, anche solo attraverso i volontari… Da me è venuto qualcuno a bere un caffè in compagnia? A informarsi come stavo? Io ero sola, la famiglia non l’avevo più. Avevo due figlie di tre e sei anni da tirare su e alle quali spiegare che il papà era morto perché qualcuno lo aveva ammazzato.
E dovevo fare accettare a loro l’inaccettabile. Più volte ho detto che vorrei almeno lo stesso trattamento che danno ai delinquenti. Guardi che è dura! Mi sento dieci a due. Loro van recuperati, capiti, assistiti, istruiti, gli si deve dare anche un lavoro. A noi niente.
Si dica tutto, ma non che questo è giusto. E devo dire che le famiglie delle Vittime hanno seminato bene se ancora qualcuno non si è fatto giustizia da solo.
George Orwell diceva che la vendetta è un atto che si desidera compiere quando si è impotenti e perché si è impotenti: non appena il senso d’impotenza scompare se ne va anche il desiderio di vendetta. Come scompare quel senso d’impotenza?
Scompare quando la giustizia umana, lo Stato, sa valutare la gravità delle azioni e sa mantenere alto il valore della vita. Io ho sempre combattuto da sola per questo, vorrei tanto che fossimo capaci di unirci noi Vittime…
Non solo voi Vittime Gabriella, perché qui la battaglia è per dare un valore super partes alla vita umana. Quella di tutti. Come ha spiegato alle sue figlie che il papà non c’era più?
La piccolina di tre anni dopo sette giorni è svenuta perché diceva “Io non mangio finché non arriva il mio papà”. E io: “Guarda che tuo papà è in cielo”. Allora lei andava sul terrazzo, guardava il cielo e si metteva a urlare: “Bugiarda, bugiarda, nel cielo ci sono solo le stelle io non lo vedo il mio papà.”
Allora l’ho portata al cimitero. “Vedi papà adesso è lì dentro perché ha paura – a tre anni cosa le dici – ha paura che quel signore passi di nuovo e magari lo rifà” e lei “Papà, mi basta che tiri fuori un occhio per vedere che sei lì dentro e poi ti lascio stare, apri, apri” e giù pugni alla lapide. Io ero gelida. L’altra figlia la sera dei funerali ha voluto sapere per filo e per segno cosa era successo.
L’ho messa a sedere sul tavolo e le ho spiegato. Ci crede che mi sono sentita cattiva in quel momento a dover dare una notizia del genere? … Sai, lo Stato ha fatto il sacrario per lui come Vittima del dovere. Grazie. Ma lo hanno messo dentro la Scuola Superiore di Polizia, a momenti non fanno entrare neanche me. Ma c’è mio marito lì.
E un sacrario, se lo fai, deve essere a disposizione anche della donna che va a fare la spesa e si ferma a fare una preghiera per lui.
Lo sente vicino?
Lo sento qui. Non c’è fisicamente ma per me c’è. Quando per esempio discuto con le mie figlie, com’è normale, io mi rivolgo a lui e dico: “ Bè sono anche figlie tue, pensaci tu” e il giorno dopo come per incanto tutto si risolve. Ecco, lui ci accompagna. C’è, ma avrei voluto poterlo anche vedere invecchiare insieme a me. Io lo amo.
Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.
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