Questi due ragazzi, come possono essersi macchiati degli orrendi omicidi di persone sconosciute, incontrate sulla loro strada?
Il mostro di Udine, misterioso assassino seriale che tra il 1971 e il 1985 ha massacrato diverse donne in Friuli, prediligeva le prostitute, usava il bisturi, non è mai stato individuato. Esattamente come il più tristemente famoso serial killer inglese Jack lo Squartatore, era mosso dall’odio misogino e sgozzava le sue vittime di cui squarciava le pance con estrema precisione.
Anche nel caso italiano l’identikit del mostro è quello di un medico. Nello specifico di un laureato in ginecologia, probabilmente schizofrenico e che per questo non ha mai svolto l’attività.
Come quell’uomo, di cui non è mai stato reso noto il nome, trovato a pregare disperatamente nei pressi della scena del crimine il giorno dopo l’ultimo raccapricciante omicidio: quello di Marina Lepre, uccisa sulle sponde del fiume Torre il 26 febbraio 1989. La quarta vittima, su almeno 12, che l’anatomopatologo nel 1995 aveva attribuito con certezza a un’unica mano, grazie all‘inconfondibile firma:
un taglio a forma di S sul ventre, fino al pube, fatto con un bisturi o uno strumento affilato che l’assassino sapeva usare con mano ferma, come farebbe un chirurgo. Ci sono poi le sevizie con lesioni da taglio rituali inferte al torace e all’addome: una nel primo omicidio, due nel secondo, tre nel terzo, tutte longitudinali; più tagli, questa volta trasversali, sono invece stati trovati sul corpo della Lepre, la sfortunata maestra di scuola elementare affetta da depressione. Tutti gli omicidi, inoltre, sono avvenuti nel fine settimana, nello stesso periodo dell’anno e in notti di pioggia.
Ora, a distanza di 30 da quell’ultimo delitto, grazie al lavoro degli autori della docu-fiction Il Mostro di Udine, andata in onda dal 22 maggio al 12 giugno scorsi su Crime Investigation (canale 119 di Sky), per i familiari delle Vittime c’è forse una concreta speranza di giustizia.
La docu-serie, che ha ricostruito la tragica fine di nove donne con lo stile di una vera investigazione, ha permesso di individuare indizi e reperti mai considerati prima.
Reperti che ora i Ris di Parma stanno analizzando con i nuovi sofisticati strumenti della scienza forense, grazie all’impulso dell’avvocato Federica Tosel, incaricata dai parenti di Maria Luisa Bernardo che, sposata a un uomo malato e madre di due figli si prostituiva per mantenerli; e di Maria Carla Bellone, 19 anni, genitori separati e schiava dell’eroina.
Tra i reperti individuati durante le riprese della docu-fiction ci sono un preservativo usato e alcuni capelli ritrovati nell’auto in cui fu uccisa con 22 coltellate la Bernardo nel 1976; uno spinello e una sigaretta trovati accanto al cadavere della Bellone, squartata nel febbraio del 1980.
E’ proprio con lei che comincia la serie di omicidi con la stessa macabra firma, seguono Luana Gianporcaro, massacrata il 24 gennaio 1983; Aurelia Januschewitz, ritrovata il 3 marzo 1985; Marina Lepre, l’unica che con la prostituzione non aveva nulla a che fare. Le altre 8 donne risultano essere state invece sgozzate, accoltellate o soffocate.
Ci troviamo di fronte a un solo killer che ha cambiato il modus operandi nel corso del tempo, oppure all’epoca in provincia di Udine circolavano due predatori?
E chi era l’uomo di circa sessant’anni che pregava chiedendo perdono a pochi passi dal luogo dove la maestra è stata sgozzata?
Si tratta di un uomo della Udine bene, laureato in medicina con specializzazione in ginecologia, ma che non esercitava a causa di gravi problemi psichiatrici. Non usciva quasi mai di casa, dove viveva con la madre e il fratello, tranne in un breve periodo in cui aveva lavorato in un ristorante dove un collega lo vide mentre con un coltello e una tovaglia mimava un taglio cesareo.
L’identikit coincide, ma non furono mai trovate prove, anche perché in quegli anni l’analisi del Dna non era possibile. Tuttavia l’uomo è stato attenzionato fino al 2006, quando è morto per cause naturali.
Lo stesso anno la figlia della Lepre, che aveva 9 anni quando la madre è deceduta, ha scoperto che quando è morta aveva tra le dita un mazzo di chiavi che non era della loro casa. Ma le indagini non portarono a nulla.
Negli anni i familiari del sospettato avevano cambiato le serrature. Nel 2012, tornata in possesso dello scialle indossato dalla madre quando fu uccisa, le indagini ebbero nuovo impulso, ma ancora senza successo.
Questa è allora l’ultima occasione per dare un volto al Mostro che nell’arco di 18 anni ha spezzato brutalmente più vite. Potrebbero confermare che il mostro è lui, oppure che di mostri ce n’erano due.
E’ solo una coincidenza che appena cinque mesi dopo l’ultimo omicidio senza “firma”, avvenuto il 3 marzo 1985, un altro serial killer ancora senza nome abbia cominciato a uccidere, soprattutto prostitute, a Modena e abbia continuato per almeno dieci anni?
|
di Barbara Benedettelli – Settimanale Spy 2019
Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.
Questi due ragazzi, come possono essersi macchiati degli orrendi omicidi di persone sconosciute, incontrate sulla loro strada?
Sono più di 80 le donne che affermano pubblicamente di avere subito una qualche forma di violenza sessuale da Harvey Weinstein.
L'unica uccisione per la quale Robert Durst, l'erede di una famiglia il cui patrimonio è stimato in 650 miliardi di dollari, potrebbe
Porto Sant’Elpidio, Fermo. Il 17 febbraio 2020 in aperta campagna, alle prime luci dell’alba un passante si imbatte in un cadavere. E’