Un mio articolo sul caso di Chico Forti, all’ergastolo in America perché un giudice ha la “sensazione” che sia il mandante di un delitto.
Chico forti innocente?
Da sempre lotto perché nel nostro paese ci sia la
certezza della pena. Sono vicina alle
vittime della violenza e sono convinta che chi commette delitti gravi contro la persona debba pagare fino in fondo. Se Enrico Forti viene definito colpevole dopo avere subìto un “giusto processo”, allora “è giusto” che paghi secondo le leggi dello Stato che lo ospita.
Ma qui c’è più di un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza almeno a sentire i familiari, gli amici, gli avvocati e gli esperti che si sono occupati del caso: il giudice Ferdinando Imposimato, la criminologa Barbara Bruzzone, il magistrato Lorenzo Matassa che sulla vicenda ha scritto il libro Tra il dubbio e l’inganno – da Versace al caso Forti, una doppia trappola mortale (Koinè), e i senatori Giacomo Santini del Pdl e Marco Perduca del Pd.
Due senatori che hanno aperto un’interrogazione parlamentare in cui chiedono “un intervento di rilievo del presidente Berlusconi nei confronti dell’amministrazione Obama, al fine di ottenere la riapertura del processo” perché – dicono – “abbiamo prove inconfutabili che dimostrano come il procedimento nei confronti di Forti sia stato manipolato”. Il perchè ciò sia stato possibile io non lo so, ma non accade spesso che Pdl e Pd si muovano nella stessa direzione. Questo se non altro dovrebbe far sorgere il sospetto che qualcosa che non va ci sia davvero!
La storia e i dubbi
Enrico Forti, trentino, padre di tre figli, oggi rinchiuso in un carcere di massima sicurezza in Florida. Per Chico ci sono solo prove circostanziali: prove che suggeriscono qualcosa senza dimostrarla direttamente. Ma quello che più stupisce sono le parole pronunciate dal giudice Victoria Platzer durante il verdetto: “La Corte non ha le prove che lei sig. Forti abbia premuto materialmente il grilletto, ma
ho la sensazione, al di là di ogni dubbio, che lei sia stato l’istigatore del delitto… Portate quest’uomo al penitenziario di Stato. Lo condanno all’ergastolo senza condizionale”!
Parole che dal 15 giugno del 2000, dopo appena 24 giorni di processo, costringono Chico Forti alla morte civile. Ma cosa ha portato un brillante produttore televisivo, campione di windsurf e immobiliarista di successo a questa fine?
L’anno è il 1998. La vittima è Dale Pike, quarantenne figlio di Anthony John Pike da cui Forti aveva acquistato l’ Hotel Pikes di Ibiza, grazie alla mediazione di un vicino di casa, il tedesco Thomas Knott, amico dell’albergatore spagnolo. Dale, che viveva in Malesia, qualche anno prima aveva tentato di fare interdire il genitore
malato di Aids e per questo tra i due non scorreva buon sangue. Proprio Forti, diventato amico di Tony, lo aveva convinto a tentare un riavvicinamento.
Domenica 15 febbraio i tre avrebbero dovuto incontrarsi a Miami, a spese di Forti, ma le cose andarono diversamente: Tony all’ultimo momento cambia idea, afferma di poter partire solo il 18 e chiede all’amico di ospitare il figlio e di andarlo a prendere all’ aeroporto. Chico non ha mai visto Dale, per questo lo fa chiamare con il megafono. Una volta insieme Dale chiede a Forti di accompagnarlo in una spiaggia di surfisti dove lo aspettano gli amici con cui vorrebbe passare i giorni in attesa del padre, ma gli chiede anche di dire al genitore che non si sono mai incontrati. Chico accetta. L’idea di non dover ospitare in casa con moglie e figli un estraneo è un valido motivo per dire una piccola bugia. Piccola ma fatale!
Dale viene trovato morto il giorno dopo, proprio sulla spiaggia in cui Forti lo ha lasciato. Due colpi alla testa con una calibro 22 gli hanno tolto la vita. E’ nudo, ma accanto a lui ci sono il passaporto e il biglietto aereo. Poco più in là c’è un guanto – sul quale verrà trovato il DNA di una donna che non sarà mai identificata. Risalire al nome della vittima è facile, com’ è facile scoprire chi ha incontrato all’aereoporto. Enrico Forti viene convocato al distretto di polizia come persona informata dei fatti, in realtà è già sospettato di omicidio.
I poliziotti gli dicono che anche Tony
è morto, è una bugia, ma Chico, che lo aveva cercato senza successo subito dopo aver saputo della morte di Dale, ci crede. Chiede un avvocato ma non gli viene concesso. E’ sconvolto e teme di essere accusato dei due delitti. Mente. Sostiene di essere andato all’aeroporto ma di non avere visto Dale, le telecamere però hanno ripreso l’incontro, per i poliziotti questa bugia è la prova della sua colpevolezza. Durante l’interrogatorio una guardia pronuncia parole inquietanti: «Tu sei l’italiano che ha detto che la polizia di Miami è corrotta? Non vedrai più i tuoi figli».
Forti aveva acquistato la barca galleggiante in cui si sarebbe suicidato il presunto assassino di Versace e aveva realizzato un documentario sulla vicenda. Un documentario in cui sostiene la tesi secondo la quale il “suicidio” di Cunanan poteva essere una montatura messa in atto proprio dalla polizia di Miami. Un valido motivo per farlo chiudere in un carcere di massima sicurezza? C’è un altro particolare che lega la house-boat del “suicidio” Cunanan al caso Forti-Pike. Ancora una volta entra in gioco Thomas Knott, è lui il mediatore dell’acquisto della barca.
Ma chi è questo tedesco di cui lo stesso Tony non si fidava e che conosceva bene anche Dale? E’ un truffatore già condannato in Germania a sei anni di reclusione, uno che dopo l’omicidio Pike viene ritenuto colpevole di truffa ai danni dello stesso Tony. Un caso? Ed è un caso che abbia scontato solo una parte della condanna? È un caso che qualche mese prima dell’omicidio avesse acquistato proprio una calibro 22 – poi scomparsa- pagandola con la carta di credito di Forti? E’ un caso che non sia stato chiamato a testimoniare al processo?
Io non lo so se Enrico Forti è colpevole oppure è innocente come sostiene, ma non posso fare a meno di pormi domande. Il pubblico ministero Red Rubin non ha trovato prove in grado di confermare che Forti ha ucciso materialmente Dale, però ha “ribaltato la frittata”- e la vita di una persona – trasformando quello che inizialmente era accusato di essere l’assassino materiale, nel mandante: “Lo Stato non deve provare che egli sia l’assassino al fine di dimostrare che sia lui il colpevole…”.
Rubin ha sostenuto che il movente è la truffa ai danni di Tony, ma dall’accusa di quella truffa Forti era stato assolto da un precedente procedimento giudiziario – lo stesso in cui Knott è stato condannato. Perchè Rubin ha potuto usare questo movente in un processo, se la legge non consente l’uso della stessa accusa da cui l’ imputato è stato assolto in precedenza?. Perchè ben sei appelli sono stati rifiutati senza motivazione scritta nonostante la stessa sentenza ammetta, tra le righe, la mancanza di prove e basi l’accusa su una “sensazione”?
Una sensazione espressa- secondo il magistrato siciliano Lorenzo Matassa – dalla stessa persona che aveva indagato per il delitto Versace. Una delle tre figlie di Chico, Jenna Bleu, al telefono gli ha detto : «Papà, so che una di quelle stelle è per noi», forse è solo il sogno di una bambina, ma vale certamente molto di più della “sensazione” che tiene in carcere il suo papà.
Aggiornamento: Il 18 maggio 2024 Chico è rientrato in Italia. Dopo 24 anni di carcere negli Stati Uniti, è stato trasferito nel carcere di Montorio a Verona per continuare a scontare la pena secondo le leggi italiane.