Libertà di vivere e giustizia

C’è un mondo vasto che intravediamo soltanto. E’ il mondo delle Vittime di violenza. Dei familiari di chi è stato ucciso. Ci spaventa. Le nostre paure sono tutte lì, realizzate. Solide come pietra. E’ lì quel dolore che lo stesso Gesù, ancora uomo, ha sofferto nella sua carne trafitta. Quel male fisico e dell’anima che ha colpito e macellato il cuore di Sua madre. Impotente di fronte all’ingiustizia, all’assassinio di Suo figlio. Piegata. Scarnificata. Come piegate e scarnificate sono ancora oggi migliaia di persone alle quali è stato ucciso il frutto vivace dell’amore.  

Oggi possiamo definirci liberi. Liberi di autodeterminare i nostri destini. Le nostre vite. Ma ancora non siamo stati capaci di renderci liberi di vivere. Eppure senza vita non c’è libertà.

Parliamo di giustizia, ma non sappiamo renderla giusta. Parliamo di gioia, la cerchiamo nel cuore e negli altri, ma non sappiamo darla a chi non è più capace di sentirla dentro di sé. Ha ragione il cardinal Carlo Maria Martini quando dice: «Dio ha forse creato l’uomo desideroso di giustizia, ma incapace di realizzarla?».

Ci lamentiamo, a volte a ragione, perché i mass media mandano messaggi pericolosi per i nostri figli, ma che messaggio dà l’apparato giudiziario attraverso atteggiamenti giustificazionisti e perdonisti verso delitti di enorme gravità? Delitti contro la vita. Il perdono è un sentimento, nobile, certamente. Ma non può essere il mezzo per evitare di assumere su di sé la colpa del male che si è fatto. La responsabilità delle proprie azioni.

Eppure oggi, nell’epoca che paga tutto, non c’è nulla di meno costoso di un’esistenza umana. Quando si tratta di vendere o acquistare una casa, una macchina, un gioiello, non cediamo di un solo euro per tenerne alto il valore e anzi, regoliamo il mercato attraverso nuove leggi per non svalutare quei beni materiali, a volte superflui. Con la vita siamo magnanimi anche quando viene spaccata.  Scendiamo a patti con facilità con quel male che ci appartiene ma che dobbiamo arginare, vincere, correggere o semplicemente governare se vogliamo davvero un mondo di gioia. Se vogliamo, semplicemente, un mondo. Prendo ancora in prestito le parole del Cardinal Martini:

Su tre cose si regge il mondo: la giustizia, la verità, la pace, sarà anche possibile a ciascuno di noi compiere qualche passo verso questi ideali, troppo alti per essere raggiunti qui sulla terra, ma troppo necessari per poterne fare a meno del tutto in questo mondo. Necessari sì. Irrinunciabili. 

Stiamo attraversando un periodo di grave crisi d’identità. Siamo nel mezzo di un cambiamento epocale del quale stiamo percorrendo l’ultimo tratto. Il più sottile. Se ci agitiamo troppo e perdiamo lucidità rischiamo di cadere dalla parte sbagliata. Ma qual è quella giusta? Per millenni ci ha sostenuto la morale cristiana, una morale che, volenti o nolenti, ci ha condotti fino a qui. Eppure, nonostante tutto ciò che ci ha dato, stiamo dando il colpo di grazia a Dio.  Tra una crisi e l’altra c’è il nichilismo, ovvero la perdita di ogni valore: il luogo in cui ci troviamo oggi e dal quale, in un modo o nell’altro, dobbiamo sforzarci di uscire. È nella vita stessa che dobbiamo ritrovare Dio. Nella sua tutela e nel valore che dobbiamo imparare a darle. Non è vero che non ha prezzo. Ce l’ha. Si chiama libertà.  

Ecco perché è nato Vittime per Sempre. Un testo che piange e grida e chiede con forza attenzione verso una realtà che è anche la nostra. Verso un male che dobbiamo imparare a prenderci addosso per alleviare un dolore infernale causato dall’incapacità umana di sentire l’altro come se stessi. Di vedere nell’altro un mondo e Il Mondo insieme. Siamo incapaci di creare un sistema giudiziario che possa per davvero tutelare i diritti umani e di determinare il primato della vita su tutti gli altri. Non possiamo permettere che chi è stato strappato alla terra e al disegno di Dio sia dimenticato. Perché quella morte vive. Resta. E sporca la terra che calpestiamo tutti insieme.

La legge umana è necessaria per impedire agli uomini di annullarsi l’un l’altro. Sia certa. Severa. Sia legge! Non lo è. Non sa riconoscere quel male, quell’ingiustizia, quelle vite come immensità.

In questo libro ci sono testimonianze che ognuno dovrebbe conoscere e fare proprie. Ci sono la vita, la morte e anche Dio con tutta la sua cattiveria e la sua bontà. Che il grido composto di queste madri, di questi figli che hanno perso un mondo, scuota la ragione e il cuore per avviare un cambiamento o per sostenerlo se è già cominciato, verso un futuro di luce. Di gioia.  

La Bibbia, al di là del suo valore religioso, è un testo molto antico. Eppure è netta la distinzione tra peccato mortale e peccato veniale, tra libera scelta e gravità delle azioni. Una consapevolezza che oggi pare abbiamo perduto:

Quando la volontà si orienta verso una cosa contraria alla carità, dalla quale siamo ordinati al fine ultimo, il peccato, per il suo stesso oggetto, ha di che essere mortale […] tanto se è contro l’amore di Dio, come la bestemmia, lo spergiuro, ecc., quanto se è contro l’amore del prossimo, come l’omicidio, l’adulterio […] È peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso. Il peccato commesso con malizia, per una scelta deliberata del male, è il più grave. […] Il peccato mortale è una possibilità radicale della libertà umana, come lo stesso amore. Il peccato trascina al peccato; con la ripetizione dei medesimi atti genera il vizio. Ne derivano inclinazioni perverse che ottenebrano la coscienza e alterano la concreta valutazione del bene e del male. In tal modo il peccato tende a riprodursi e a rafforzarsi, ma non può distruggere il senso morale fino alla sua radice. […] La tradizione catechistica ricorda pure che esistono «peccati che gridano verso il cielo”  

E verso il cielo grida il sangue delle Vittime. Come grida verso il cielo il lamento delle vedove, degli orfani, dei genitori. È lassù che l’urlo degli innocenti acquisisce potenza per ritornare alla gente in cerca di qualcosa che possa impedire, prima o poi, la sua necessità. 

Barbara Benedettelli ©

Siamo incapaci di creare un sistema giudiziario che possa per davvero tutelare i diritti umani e di determinare il primato della vita su tutti gli altri. Non possiamo permettere che chi è stato strappato alla terra e al disegno di Dio sia dimenticato. Perché quella morte vive. Resta.
La scelta è tua

Barbara Benedettelli

Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.

Potrebbe interessarti anche

Scritta violenza domestica e di prossimità, clicca per andare all'indagine

Barbara Bendettelli  2023 – © Tutti i diritti riservati 

error: Il contenuto è protetto