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Violenza domestica, i numeri oltre il genere

L’indagine di Barbara Benedettelli lo dimostra con i fatti: la violenza nelle relazioni intime, affettive e di prossimità non risparmia nessuno.  Parte dell’indagine, che chiarisce anche il concetto di violenza domestica, è stata pubblicata su Il Giornale, di seguito il contenuto dell’articolo. Chi volesse approfondire, può scaricare l’indagine completa (47 pag.) con fatti, dati, nomi e cognomi di tutte le Vittime maschili e femminili.

Centoventi donne. Centoventi uomini. Sono le vittime di omicidi in famiglia, in coppia, tra amici, vicini di casa, colleghi di lavoro. Tante, troppe. Donne e uomini uccisi in egual misura all’interno delle Relazioni interpersonali significative (Ris).  In relazioni dove dovrebbero esserci amore, affetto, protezione e solidarietà, si muore di morte violenta più che in ambito criminale. Secondo gli ultimi dati del Viminale nell’Italia del 2017 sono state uccise volontariamente 355 persone.

Barbara Benedettelli ha fatto una ricerca per individuare chi sono queste persone, chi le ha uccise e perché. Il risultato è che ben 236 su 355 sono vittime nelle Ris (relazioni interpersonali significative): le donne sono 120, gli uomini 116 più 4 italiano ammazzati all’estero dalle loro partner che non avevano accettato la fine della relazione, o per soldi. Sono i drammatici dati che emergono dall’indagine ‘Violenza domestica e di prossimità: i numeri oltre il genere nel 2017‘, realizzata attraverso la ricerca dei fatti sulle testate web locali e nazionali.

In occasione della stesura del pamphlet ‘Il maschicidio silenzioso (Collana Fuori dal Coro, Il Giornale), e di ‘50 Sfumature di violenza‘ (Cairo), mi sono posta semplici domande:  Perché, nonostante tutto quello che si fa per contrastare la violenza di genere, le donne muoiono in media nello stesso numero? Perché se alla base del fenomeno c’è una relazione, lo si guarda da un solo lato e con uno schema fisso e semplicistico che non tiene conto della complessità e della natura di ciò che si osserva?

È nata così l’indagine di cui pubblichiamo parte dello sconcertante risultato. La raccolta dei dati, poi divisi con criteri in grado di dare a ogni omicidio la corretta collocazione, si è avvalsa dello stesso gioco di prestigio che i teorici del femminicidio fanno nel rilevare le vittime femminili:  non tener conto del fondamentale rapporto vittima/carnefice e del movente, fondamentali, invece, per determinare le cause e intraprendere le giuste azioni preventive.

Se facciamo lo stesso esercizio mistificatorio e la stessa deviazione culturale, potremmo dire che nel 2017 – escludendo i delitti in ambito criminale – i “maschicidi” sono stati più dei “femminicidi”: 133 contro 128. Dati che emergono dai fatti e i fatti, per dirla con Hannah Arendt, sono ostinati. Ma si possono davvero chiamare maschicidi e femminicidi ?

Il numero emerge dalla somma tra gli omicidi avvenuti nelle RIS e quelli il cui autore è uno sconosciuto che ha ucciso persone innocenti: è la stessa somma fatta da chi sostiene a spada tratta il femminicidio, e che, per esempio, conta anche le donne massacrate in casa o in strada da chi voleva rapinarle. Che però non sono state uccise in quanto donne, semmai in quanto vulnerabili. Dunque la loro uccisione non è femminicidio.

In questo ambito, tra l’altro, muoiono soprattutto anziani e ragazzi. Maschi, uccisi in modo sproporzionato: 17, contro 8 donne, nel 2017. Sproporzione che rimane anche negli omicidi di prossimità, quelli tra vicini di casa, conoscenti, amici, colleghi: le vittime maschili qui sono 39, 14 quelle femminili. La triste parità si raggiunge dove c’è un legame di sangue: 40 e 40. Però solo l’ingiusta morte delle donne suscita scandalo, orrore, impegno civile e politico.

Per gli uomini assassinati all’interno delle stesse relazioni e per gli stessi motivi, niente piethas phatos, niente liste tragiche con nomi e cognomi. Li abbiamo contati noi, per farli contare.  Lo chiede la Convenzione di Istanbul, che riconosce anche le vittime maschili della violenza domestica. Ottanta persone massacrate in famiglia: tra i carnefici anche 15 donne, che hanno ucciso più femmine (8) che maschi (7). Di queste, 8 sono madri (due suicidate), contro 3 padri (tutti suicidati); questi undici assassini hanno ucciso 16 minori: 8 maschi e 8 femmine, 3 delle quali, più un bambino, morti per mano di un solo papà.

La moglie che maltrattava il suo compagno e i quattro figli era in cura, lui doveva occuparsi di loro e aveva smesso di lavorare, aveva problemi economici ed è entrato in una devastante depressione. Dov’erano le istituzioni? Proprio qui c’è un’inquietante parità di genere per le vittime e un’inquietante disparità: le madri uccidono di più, e più dei padri sanno sopravvivere al senso di colpa e all’orrore che hanno commesso.

Anche in ambito cosiddetto passionale le donne, quando ammazzano o sono lasciate, difficilmente si tolgono la vita. Gli omicidi-suicidi in ambito familiare e di coppia sono 30: 28 uomini e 2 donne; i suicidi noti, dove la causa è legata alla fine di una relazione, sono 39: 32 uomini, almeno 8 dei quali disperati per il distacco forzato dai figli, e 7 donne, tra cui due bambine di 12 e 14 anni che soffrivano la separazione dei genitori.

Ancora in ambito passionale, su 66 omicidi con vittime femminili quelli che tecnicamente si potrebbero definire femicidi sono 42  (esclusi 4 casi non risolti), di cui 14 commessi da stranieri provenienti soprattutto dai Paesi dell’Est e dal Nordafrica. Gli altri 20, in cui il movente non ha a che fare col genere, sono invece coniunxcidi (da coniunx= coniuge), mio neologismo adottato nell’indagine che vale sia per gli uomini che per le donne a differenza di uxoricidio (da uxor=moglie), il termine giuridico. Il termine femminicidio non lo è.

Gli uomini che hanno perso la vita per mano di una donna che avrebbe dovuto amarli, nel 2017 sono 19. Le assassine hanno agito tutte per difesa o perché maltrattate come retorica femminista comanda? No. Lo hanno sostenuto in 6, così come hanno fatto 5 uomini, in linea con i risultati di una meta-analisi che prende in considerazione le indagini fatte in diversi paesi: la media di questo movente varia in base alla nazionalità dal 5% al 35% quando a colpire sono le donne e dallo 0 al 20% quando sono gli uomini. In Italia, secondo l’indagine in oggetto e un’altra indagine relativa al 2016 fatta per “50 sfumature di violenza”, ci si aggira intorno al 5% quando a colpire sono le donne.

In ambito omosessuale le vittime sono 2, mentre sono 20 (tra cui 2 minorenni) gli uomini massacrati dai rivali o dagli ex delle loro compagne: omicidi che hanno a che fare con il senso di possesso e l’onore, dunque anche, ma non solo, con la cultura patriarcale. Allora se questo è il movente del femminicidio, possiamo definirli maschicidi?  Anche qui gli autori stranieri sono tanti (12).

Insomma, siamo di fronte a un’ enorme costellazione d’orrore e di disperazione, che deve essere colta nel suo tremendo e allarmante insieme. In totale i morti nelle Ris sono 309 se contiamo anche i suicidi: 129 femmine e 180 maschi.

Non riconoscere la psicopatologia, l’isolamento di coppie e persone sole di fronte alle difficoltà e ai drammi della vita, valutare solo le ragioni antropologiche e culturali, concentrarsi solo sulle vittime senza mai guardare, con rispetto, se hanno qualche responsabilità, tutto questo non permette di attuare azioni capaci di impedire scelte folli, che non vanno mai giustificate, ma devono essere studiate e comprese per quello che sono.  Senza mistificazioni inique, né teoremi ideologici politicamente e scientificamente scorretti.

Scarica:  INDAGINE COMPLETA OMICIDI NELLE RIS, ANNO 2017. I DATI OLTRE IL GENERE 

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