Come salvadanai, se abdichiamo a umanità

Un neonato sorridente con i marchi commerciali sul corpo, simbolo della disumanizzazione nella società del possesso

Viviamo in un mondo che ci vuole consumatori, non esseri umani. Abbiamo scambiato l’essere con l’avere, e nell’altro non vediamo più una persona, ma un oggetto. Se non invertiamo la rotta, finiremo come salvadanai vuoti in una società senz’anima.

Oggetti, oggettificazione e oblio dell’essere

Siamo diventati come salvadanai di latta per lo Stato. Involucri che servono a contenere, misurare, contabilizzare. Non anime, non persone. E se oggi ci percepiscono così, forse è perché abbiamo abdicato alla nostra umanità. L’abbiamo scambiata con oggetti che si accendono e si consumano, con status che si definiscono attraverso l’ultimo acquisto, con identità che si costruiscono sulla superficie. L’essere lo abbiamo venduto al nulla, e in cambio ci è stata data la possibilità di avere. Ma a che prezzo?

Viviamo dentro un paradosso che ci è esploso addosso: mettiamo al mondo meno figli, ma produciamo più pannolini. Aumentano gli oggetti, diminuisce il senso. Il mercato è intasato di cose e corpi, ma vuoto di significato. Una montagna di materia che alla fine ci schiaccia, ci piega, ci toglie respiro. Eppure, corriamo ancora. Desideriamo ancora. Non sappiamo nemmeno più che cosa.

Una scelta possibile: rifiutare il baratto col nulla

La libertà di essere – che è la più alta forma di libertà – è stata barattata con una libertà di possedere che ci illude e ci logora. E nel possesso abbiamo finito per includere anche le persone. Le relazioni diventano funzionali, l’altro diventa oggetto. Oggetto di desiderio, di bisogno, di rabbia. Oggetto da usare, consumare, accantonare. Come si fa con tutto.

Nell’Altro non vediamo più l’umanità. Non ci interessa. Non ci serve. E questa è la radice più oscura della violenza diffusa. Perché quando l’altro non è più persona, non c’è più limite morale che tenga. È così che si inizia a sprofondare, un centimetro alla volta, nel buio.

Questo abisso va contrastato. Con le parole, con le scelte, con il ritorno a uno sguardo umano che sa fermarsi e riconoscere l’altro come un fine, non come un mezzo. Se non lo faremo, il nostro precipitare continuerà fino a raggiungere un fondo che sarà nero, freddo, irrimediabile.

Io non voglio questo per me, né per i miei figli. E tu?

di Barbara Benedettelli — Sociologa, saggista, giornalista e Vicepresidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime. Autrice di numerosi libri e studi su crimine, giustizia, AI e relazioni umane.

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Barbara Benedettelli

Barbara Benedettelli è sociologa, saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.

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Chi è Barbara Benedettelli
Sociologa, giornalista e saggista. Autrice di inchieste su giustizia, vittime, violenza relazionale e intelligenza artificiale. Editorialista per Il Giornale e autrice di saggi come Dialogo con l’Umanità, Connessioni Pericolose e 50 Sfumature di Violenza.

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Barbara Bendettelli  2025 – © Tutti i diritti riservati