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C’è chi quel tempo non ce l’ha più e allora decide di togliersi il respiro per davvero, perché senza respiro, ma vivi, fa forse più male andare avanti.
Io sono dell’idea che il domani può sempre riservarci qualcosa per cui vale la pena vivere, ma ho vissuto la depressione sulla mia pelle e so che quando ti prende non c’è più niente, perché sei tu che vieni a mancare. E se intorno al tuo vuoto interiore c’è anche un vuoto fisico, materiale, umano, allora uscire dal limbo nel quale sei caduto è davvero difficile.
Oltre 110 persone che si sono tolte la vita da gennaio 2012 a oggi sono un’enormità rispetto al motivo che le ha indotte in un vortice dal quale non sono state in grado di uscire, se non con un atto estremo. Assoluto. “Senza lavoro non c’è speranza, senza speranza non c’è voglia di vivere”, queste le parole lasciate da un imprenditore ferrarese che ora non c’è più.
Una strage, questa dovuta alla crisi, da qualcuno ritenuta “fisiologica”, che però di fisiologico ha solo una cosa: la mancanza di attenzione per i problemi reali delle persone da parte di un Governo che tutela in primis se stesso.
Lo Stato non deve certo sostituirsi alle persone, che devono imparare a camminare a testa alta con le loro gambe, a rialzarsi quando cadono, a cambiare strada quando quella intrapresa è solo un vicolo cieco.
Ma “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Oggi si è fatto un passo avanti per il pagamento dei debito che la Pubblica Amministrazione ha verso le imprese, un piccolo passo che non risolverà il problema, che scioglie solo qualche nodo. Ma c’è molto altro da fare, perché le imprese in difficoltà non sono solo quelle che hanno a che fare con le PA.
E’ il sistema intero a cui manca l’acqua e senza acqua si muore, questo si che è fisiologico. E se le imprese muoiono il lavoro muore con loro e insieme la speranza che si trasforma nel suo contrario: una delusione che ti schiaccia.
E che fa il Presidente della Repubblica? Invece di dire: “Bersani ha fallito, la governabilità non è possibile. La divisione in tre forze politiche diverse che hanno più o meno lo stesso consenso rende impossibile una soluzione duratura, dò l’incarico a un altro per un Governo di Unità Nazionale, o di scopo, e poi si va a nuove elezioni con una nuova legge elettorale”. Invece di dimettersi per permettere di riandare al voto in estate. Dice: “adesso tocca ai saggi”.
Nella sostanza ha deciso di prendere tempo perdendo tempo. Prima li abbiamo chiamati tecnici, ora li chiamiamo saggi, di fatto il Presidente Napolitano ha esautorato la politica da se stessa facendole perdere la propria funzione.
La politica viene portata ancora una volta fuori dalla responsabilità e bastonata da quelle stesse Istituzioni che nutre. Abbiamo votato, un voto frammentario, più di protesta che di ragione. Bene, la protesta ha avuto ascolto.
Ora si torni alle urne, con una nuova legge elettorale in grado di garantire una vera maggioranza, non importa quale, purché sia decisa dalla maggior parte dei cittadini e non da una persona sola, o due o tre. E si vada a votare con coscienza, leggendo i programmi nella loro interezza e scegliendo per se stessi e per i propri figli un mondo migliore. Non è più ora di protesta, è ora di agire.
Oggi, 3 aprile 2013, siamo al punto di partenza. Al Governo ci sono ancora i tecnici e c’è ancora Monti, un tecnico politicizzato che ha regalato il Paese ai poter forti delle banche e della finanza, che senza una piega ha chiesto quelle lacrime e sangue che ancora sgorgano per le strade, e che la gente non vuole più.
E’ ancora lì, come resuscitato dopo una Pasqua che avrebbe dovuto invece resuscitare la politica buona. Quella che anche grazie alla spinta del grillismo ha cominciato a mostrarsi in qua e in là, ma che nessuno vuole vedere. Perché alla fine siamo tutti ancorati al passato dal quale non riusciamo a sganciarci, increduli del fatto che cambiare si può. E si deve. Per non morire.
Questo Paese ha bisogno di un Governo vero, che possa legiferare su tutto, che abbia pieni poteri, che sia in grado di ascoltare la gente, quel popolo che con la sua protesta ha di fatto contribuito allo stallo nel quale ci troviamo. La protesta è stata accolta, adesso è ora di andare avanti senza ripetere gli errori del passato, cercando di non farne di nuovi e peggiori.
Bisogna proseguire perché la stasi ci affoga, ci toglie quel respiro senza il quale la nostra esistenza è solo sofferenza. Bisogna andare avanti, guardando a quel domani che può sempre riservare qualcosa di buono, se lo vogliamo davvero. E sempre con la speranza nel cuore perché, prendendo le parole da una canzone di Ligabue, “quando smetti di sperare inizi un po’ a morire”.
Barbara Benedettelli
Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.
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