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Oggi, nella Giornata mondiale dell’infanzia che ricorre nel 26° anniversario dell’approvazione da parte dell’Assemblea Generale dell’ONU della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza, sono addolorata al pensiero che non ci è possibile proteggere i nostri figli da questa nuova guerra invisibile ma tremendamente reale.
Nelle guerre passate si poteva scappare da soldati riconoscibili. Come scappare ora da quello che è stato fino a un attimo prima il tuo vicino tanto gentile di una cultura diversa, che magari fino a poco prima di dilaniarti ti aveva sorriso?
Come spiegare ai nostri figli che tra i tanti stranieri che sono esattamente come noi, che amano la vita come noi, che rispettano la vita altrui, c’è chi invece quella vita la vuole sopprimere a causa di quella che ha più i crismi di una ideologia che di una religione?
E’ davvero l’Islam il nemico da combattere? Oppure c’è un Islam religioso e uno politico, che usa la religione per giustificare il male fatto e l’ignoranza dei suoi soldati per uccidere.
Di certo, quello che oggi fa davvero paura è l’invisibilità dei soldati di questa guerra. Il fatto che questa guerra vada a colpire i giovani, prima di tutto. Ovvero il futuro. Che nella difesa di una popolazione se ne distrugga un’altra, dove sono sempre i bambini, i giovani, i primi a morire e perfino a uccidere…
Sono tanti i problemi che oggi, in questa giornata simbolica, emergono dalla nebbia. La mortalità infantile, i bimbi costretti in solitudine familiare ai viaggi della speranza, la povertà, la violenza sui minori, compresa quella di uno Stato che li porta via a una famiglia che non ha risorse economiche e invece lascia che alcune etnie li costringano ad elemosinare.
Dobbiamo evitare che tutto ciò accada. Ma tutto questo è visibile. C’è chi non agisce, chi lo fa nel modo sbagliato perché mette l’interesse del minore al di sotto di quello degli adulti o di quello economico o politico. Ma è tutto lì, sul tavolo, davanti ai nostri occhi e alla nostra iniquità alla nostra avidità alla nostra superficialità. Ma sappiamo chi e cosa!
Ma oggi, la mia attenzione, va a un male che non sappiamo, in nessun modo, come combattere prima che ci distrugga. Prima che distrugga i nostri giovani, il nostro avvenire. Perché non riusciamo a dargli un nome univoco, preciso. Capace di esprimere esattamente ciò che è e quali sono i suoi confini.
C’è chi la chiama guerra di religione, chi di civiltà. Sinceramente e forse ingenuamente non credo sia né l’una né l’altra. E credo sia questo lo sforzo maggiore che dobbiamo fare ora. Capire esattamente con che cosa abbiamo a che fare, prima ancora che con chi. Dobbiamo poter vedere senza veli davanti agli occhi. In gioco non c’è solo la nostra libertà, c’è la nostra stessa umanità.
Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.
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