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C’e’ stato un momento in cui il fuoco della passione civile mi ha colto. Un sentimento corrosivo. Rabbia verso le ingiustizie. Empatia. Sete di ristabilire equilibrio. Nello scrivere il mio secondo libro mi sono avvicinata ai parenti delle vittime di omicidio e ho scoperto un mondo che generalmente possiamo o vogliamo solo immaginare. Sono entrata nelle loro vite e ne ho accolto gli umori, gli istinti profondi, i giorni presenti e futuri irreparabilmente sconvolti. Attraverso di loro ho estratto il succo di quelle vite brevi, o lunghe, ma sempre interrotte bruscamente. Interrotte per mano di piccoli uomini incapaci di pensare che l’Altro non è solo uno specchio in cui riflettersi ma un mondo pulsante e pieno.
Una scrittrice si cala nelle vesti dei personaggi che racconta. Io l’ho fatto gettandomi dentro i secondi nei quali si è cristallizzato un universo di colori di ogni tonalità e sfumatura, e ne è nato un altro cupo. Scuro.
Sono entrata nell’orrore diventando vittima ma anche carnefice, e spettatore. Ho voluto suscitare sdegno, rabbia e anche schifo. Ho provocato un movimento nell’anima di chi si è seduto o disteso per leggere. Rifiuto. Disgusto nel trovarsi di fronte a uno spettacolo che non si aspettava. Fa male. Esattamente quello che volevo.
Ho evidenziato una fine non naturale, non accettabile. Una morte che se non mostrata rimane un punto nero rispetto alla nuova luce di cui il male, come un abile illusionista, riveste chi compie il più atroce dei delitti.
Mi sono inabissata nella trama vero-simile di un horror avvenuto per davvero e ho usato le mie viscere per donare al lettore la ferocia di un attimo che altrimenti mai si sarebbe appoggiato nella sua anima. Un momento fissato per sempre solo nell’esistenza di chi resta: vittime su vittime condannate all’abisso profondo di un dolore ineliminabile. Uomini e donne che tentano di dare un significato profondo e universale a quel lampo che ha modificato il moto del loro destino.
La vicinanza di queste persone mi ha spinta a desiderare di modificare le cose. A fare, in un certo senso, politica. Ero e rimango convinta che con forza e determinazione, con una convinzione lucida e attiva, qualcosa si può ottenere per ristabilire giustizia dove non c’è. E qualcosa, da quando abbiamo cominciato a pronunciare le parole del nostro cuore, da quando abbiamo sollevato, ognuno per un altro, un polverone al quale non è possibile restare indifferenti, è cambiato.
Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.
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