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Lei, in quel buio, ce l’ha costretta una persona che conosceva bene, di cui si fidava. La verità con la V maiuscola invece, ce l’ha sepolta un sistema giudiziario incapace di mettere al centro del procedimento penale, la sola verità oggettiva e certa che deve trovare ragione: la morte violenta di una persona. Di una bambina.
Il male è banale? Lo è nel momento in cui non sappiamo vederlo perché nasce, si alimenta e agisce nella normalità. La stessa normalità malata con cui accettiamo una verità processuale e giudiziaria altra, rispetto a quella visibile a tutti: Matilda è morta ammazzata.
Quando è morta con lei c’erano due persone. Logica e ragione vogliono che a ucciderla sia stata una di quelle due persone. La banalità della Verità.
Un sistema giudiziario che mette al centro la Vittima e la Verità oggettiva avrebbe processato queste due persone insieme: quantomeno, scagionata una, avrebbe processato l’altra. Oppure,
nella terza folle ipotesi, avrebbe chiamato in causa il diavolo affermando che Matilda è stata uccisa da un demone.
Ebbene, quel demone esiste davvero, si chiama “Nulla”. Il nulla che circonda le nostre esistenze, che entra in ogni strato sociale: nella famiglia, nella coppia, nella politica, nei sistemi che l’uomo ha costruito per permettere la convivenza civile delle moltitudini.
E allora accolgo con piacere la riapertura del caso da parte della Cassazione, perché quando la verità oggettiva non esiste più, la sua v è minuscola, piccola come una formica appunto, che si può schiacciare senza che chi osserva provi indignazione. Allora tutto è possibile. Anche il delitto perfetto.
Quanti ce ne sono nel nostro paese? Troppi perché “il merito” sia solo degli assassini. Il sistema fa la sua parte.
La politica scarica sulla magistratura, la magistratura scarica sulla politica. Una legge condanna e l’altra subito dopo assolve. Da una parte la ricerca della verità è un obbligo, dall’altra se ne crea un avatar che ne prende il posto. La vita diventa quella formichina da schiacciare e la libertà di schiacciarla acquista la L maiuscola.
Matilda è morta. Una morte che deve aprirci gli occhi sulla nostra incapacità di amare per davvero, oltre noi stessi. Ma anche su un sistema giudiziario che ha perso la bussola della ragione, che non compie più la sua funzione originaria, che è stato spogliato della sua forza e perfino della sua integrità.
In quale direzione ci porta una vicenda umana e giudiziaria come quella che seppellisce la verità di una morte tremenda, in nome di una libertà che supera i confini del bene e del male?
Non può esserci sempre una scappatoia in grado di mettere la responsabilità personale al secondo, al terzo, all’ultimo posto. Non può farlo nessuno, né il criminale, né la legge, né il magistrato che di quella legge dà un’interpretazione, che si riflette spesso in una mezza assoluzione. O intera.
Un sistema giudiziario ideale deve mettere al centro a connessione imprescindibile della libertà con le responsabilità.
Come scrive Camus:
“L’assassino nella maggior parte dei casi, si sente innocente quando uccide. Ogni criminale assolve se stesso prima della sentenza. Si considera, se non nel suo diritto, almeno giustificato dalle circostanze. Non pensa, né prevede, o, se pensa, è per prevedere che sarà giustificato totalmente o in parte. Come potrebbe temere quello che ritiene totalmente improbabile?”.
Nessuna scappatoia allora. Nessun demone, come nel caso di Matilda.
Queste due persone non sono innocenti oltre ogni ragionevole dubbio. Anzi, sono entrambe colpevoli a priori, perché Matilda era con loro quando è morta. Sotto la loro responsabilità.
Quello che sembra inedito, mostruoso e degno di essere raccontato è questa ennesima sconfitta della morale, l’idea che la vita valga così poco, la sproporzione fra i moventi e la ferocia nella cancellazione degli altri, e un sistema giudiziario che li avvalla in nome di un diritto alla libertà che va oltre la vita stessa e la sua tutela.
Questo è il buco nero che può davvero inghiottire l’umanità, molto tempo prima della catastrofe provocata dal buco nell’ozono.
Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.
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