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Il presunto stupro di Firenze da parte di due carabinieri è un fatto che, se accertato, rappresenta uno dei punti più bassi della nostra civiltà. La divisa che i due carabinieri accusati portavano nel momento del presunto abuso, è simbolo di legalità, di sicurezza. Non è solo una divisa, è un modo di Essere.
Gravissimo il loro comportamento anche nell’ipotesi, da loro ventilata, che le ragazze fossero lucide (cosa smentita dall’alcol test) e consenzienti. Che non ci sia stato stupro. Saranno gli esami sul tasso alcolemico a dire se le ragazze erano capaci di intendere e volere o in situazione di minorata difesa che, se confermata, sarebbe un’aggravante che si aggiungerebbe a quella prevista da codice penale se “il fatto è commesso con abuso del potere o con violazione dei doveri inerenti una pubblica funzione”.
La scelta di indossare una divisa fa degli uomini e delle donne che la indossano portatori, in ogni istante delle loro vite, di senso, di valori, di integrità. Se così non è, quella divisa perde forza, potere, legittimità. Un uomo in divisa, nell’esercizio delle sue funzioni, non può, per nessun motivo, abdicare al suo compito. Nè deve mettersi in condizioni di macchiare un’Arma che vede ogni giorno migliaia di uomini e di donne rischiare anche la vita – con profondo spirito di servizio e onestà – per i cittadini. E dei quali continuo a fidarmi.
Perché non è possibile che, come afferma il generale Tullio Del Sette che ” il comportamento indegno, illegittimo e immorale di un qualche carabiniere, possa oscurare il lavoro che compiono giorno e notte gli altri centomila”. Ovviamente queste due persone sul piano penale, ammesso che le indagini accertino le violenze e si vada a processo, sono innocenti fino a sentenza definitiva. Ma purtroppo non lo sono, in ogni caso, sul piano morale. Direi etico. Ed è questa la loro prima condanna.
Ma c’è un “ma”, che va oltre la singola vicenda. Che prescinde dal profondo disvalore del comportamento dei due militari, che devono pagare senza attenuanti per le loro responsabilità, anche professionali. Due ragazze in stato di ebbrezza da chi porta una divisa devono ricevere solo protezione. A maggior ragione se non coscienti. E’ un dovere inderogabile. Anche quando sono fuori servizio.
Ma è anche nostro dovere – dei genitori, come della politica, della scuola, dei media – prevenire. E nonostante per alcuni sia politicamente scorretto dirlo in questo frangente, ai giovani va insegnato che restare presenti a se stessi è il miglior modo per impedire a qualunque malintenzionato di prendere le loro vite per soddisfare i più bassi istinti, le più riprovevoli pulsioni.
Occorre invitarli al bere responsabile, proprio come da qualche tempo si fa, a ragione e con risultati visibili, nelle campagne per la sicurezza stradale. E allora se si esce in due, uno dei due dovrebbe avere l’obbligo morale di restare sobrio.
Perché, come se ti metti al volante ubriaco o drogato puoi spezzare via la tua vita o quella di chi ha la sfortuna di incrociarti, se non sei presente a te stesso, ovunque tu sia, puoi cadere in balia del primo vigliacco che incontri. Questo non significa voler addossare delle colpe alle Vittime. Significa prendere atto di un problema nella sua interezza, per limitare, almeno, la possibilità che il peggio accada.
Barbara Benedettelli
Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.
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