Nel web noi siamo prodotto. Lo sono i nostri clic, i like, le view. Tutto quello che facciamo è merce del capitalismo
La gente ha fame, ecco perché protesta. Dopo un governo tecnico che chiedeva lacrime e sangue all’unisono con un’ Europa capace di tutelare solo gli interessi della finanza, e un anno di larghe intese dove le sole intese attuate sono quelle che riguardano la salvezza di partiti atrofizzati, non poteva che scoppiare la rivolta sociale.
Mentre in altri Paesi i segni della ripresa ci sono, in Italia le aziende chiudono e le persone si suicidano perché non ce la fanno. E quando a scendere in piazza non sono i sindacati o i partiti con i loro militanti e l’apparato, ma sono i cittadini comuni uniti al di là delle parti, la politica deve fare un passo concreto e reale verso di loro. Non un passo di forza e contrasto ma un passo di ascolto attivo, al quale deve seguire l’immediata volontà di cambiare marcia.
La gente è stanca della mancanza di pulizia e trasparenza di una parte della classe politica, stanca dei giochi di palazzo, dei favoritismi alle banche e alle lobby, della tutela incondizionata verso chi sbaglia anche a discapito dei cittadini onesti. E’ stanca di essere trattata come “cosa”, di essere “usata”. Di essere, più banalmente detto, presa in giro.
La Nazione è allo stremo delle sue forze. La gente non può più aspettare un domani sempre più incerto. La protesta dei forconi non va punita se non laddove ci sono frange violente e spesso infiltrate, né va stigmatizzata nei modi. Va compresa nelle ragioni profonde di una popolazione schiacciata dal potere economico e dall’epurazione di quella personalità individuale che lo Stato dovrebbe aiutare ognuno a sviluppare, come vuole la nostra Costituzione all’articolo 3.
Chi scende in piazza oggi lo fa perché ha fame. Fame vera, perché lo stipendio o la pensione non bastano per mangiare. Ma anche fame di giustizia, di verità, di pulizia, di legalità a ogni livello sociale, di quel rispetto per il popolo che viene chiamato populismo da chi non sa che adorare se stesso.
Sia invece obbligata la politica a scendere tra la gente. Ma non con la violenza, bensì con la costanza, il dialogo, la forza dell’unione, della moltitudine e della ritrovata umanità che hanno spinto le persone a questa protesta storica. E’ lì, tra i cittadini, sulla strada della vita, che la politica dovrebbe mettersi metaforicamente in ginocchio, davanti a quel popolo che deve servire…
@bbenedettelli
Editoriale Panorma.it 11 dicembre 2013
Barbara Benedettelli è sociologa, saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.
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