La perdita di un figlio

Manifestazione introduzione reato omicidio stradale

Giuseppe Magnifico, il figlio di Erina Panepucci, è morto il 2 ottobre 2005 a l’Aquila. Aveva ventuno anni appena compiuti…

A uccidere lui e a lasciare invalido al cento per cento l’amico Daniele che guidava l’auto, è stato l’impatto con una golf che viaggiava ad alta velocità. E’ sua madre Erina Panepucci a raccontarmi che cosa significa essere Vittima nel nostro sistema giudiziario. 

L’uomo che ha distrutto le nostre esistenze, a sei anni di distanza non ha ancora avuto il trattamento penale che dovrebbe avere chi sottrae la vita a un’altra persona. E’ stato condannato a poco più di un anno di reclusione, con la condizionale, e gli hanno sottratto la patente per appena otto mesi. Punto. Questa è giustizia?

Daniele oggi non parla e non cammina e Giuseppe non c’è più. Sono stati massacrati due ragazzi nel pieno della vita da un uomo che andava almeno ai 150 chilometri all’ora dove c’era il limite dei settanta, e fa troppo male sapere che lo Stato permette a chi ha spezzato due giovani vite e distrutto le nostre, di continuare la propria esistenza come se nulla fosse accaduto. A Daniele è stato dato il concorso di colpa perché si sarebbe immesso in strada senza guardare. Ma se chi li ha colpiti fosse andato sotto i cento chilometri orari oggi non sarebbe su una sedia a rotelle e Giuseppe sarebbe vivo. E questo non lo dico io, lo dicono i periti nominati dalla procura. È scritto nelle carte processuali e lo hanno ribadito in tribunale.

L’amico di mio figlio sta pagando un prezzo altissimo, chi ha ridotto lui in quelle condizioni disperate e mio figlio dentro una bara invece non ha scontato mezza giornata di pena, e non ha avuto neanche la decenza di dire “mi dispiace”, anzi, è ricorso in Cassazione perché vuole dimostrare la totale estraneità ai fatti. 

Che significato ha quel “mi dispiace” quando viene detto?
Dimostra che hai capito la gravità della tua azione, della tua superficialità. È un riconoscere di avere sbagliato. Invece, nonostante due sentenze lo abbiano ritenuto responsabile, lui continua ad accanirsi sulla dinamica dell’incidente cercando di addossare tutta la colpa ai ragazzi. Non può farlo. Non può farlo perché le sue Vittime non possono più parlare, non possono più testimoniare e dire la loro versione dei fatti.

Il nostro ordinamento è pro-reo, in caso di dubbio si crede a lui…
In tribunale i suoi avvocati si sono accaniti nei confronti di un ragazzo che non c’è più dicendo che è stato responsabile della sua morte perché non aveva la cintura, un’affermazione indimostrabile dal momento che la macchina era totalmente distrutta, un cartoccio. Il comportamento degli avvocati della difesa durante il processo è stato aberrante, non lo auguro a nessuno Barbara. Tutti hanno il diritto alla difesa, ma tu, avvocato, devi avere rispetto per le vite spezzate da chi difendi. Devi fare il tuo lavoro con onestà professionale e non puoi tentare di celare al giudice le fotografie che provano il contrario di quello che affermi nelle carte, o di mandare in prescrizione un procedimento. Il processo d’appello a due anni e mezzo non aveva mai inizio… Ho contattato l’avv. Domenico Musicco, che conosce i diritti delle Vittime e i “giochi” della difesa, e grazie a lui abbiamo scoperto un tentativo di fare andare tutto in prescrizione.

C’è anche un processo civile?
Sì, ma non lo abbiamo voluto noi. Siamo stati chiamati in causa dalla sua assicurazione che aveva stabilito un massimale, ma la cifra da sborsare alle due famiglie è più alta. Una farsa che va avanti da anni. Ce ne sono voluti cinque solo per chiedere una perizia medico legale su Daniele…

Parlami di tuo figlio.
Aveva mille interessi. Lavorava, si occupava degli altri, giocava in una squadra di calcio locale. Era fidanzato con un’avvocatessa e cominciavano a fare progetti per il futuro. Era diplomato perito industriale e voleva aprire un’azienda insieme a mio marito Antonio. Aveva rifiutato il servizio militare preferendo il servizio civile prestato all’Unione Italiana Ciechi Onlus, odiava ogni forma di violenza… Amava in modo viscerale Isabella, l’altra mia figlia, c’erano dieci anni di differenza tra di loro e guai a chi la toccava. Lui era sempre dalla parte dei più deboli. Un marocchino che vive all’Aquila quando ha saputo della sua morte è venuto da me e ha pianto così tanto che ho dovuto consolarlo io. E’ uno di quelli che ancora oggi, nonostante sia musulmano, va al cimitero a trovarlo. Giuseppe è rimasto nei cuori della gente e per noi è una cosa bellissima… 

Cosa ricordi dell’ultima volta che lo hai visto?
L’ultima visione che ho di lui vivo è quando davanti alla porta mi ha detto: “Ciao ma, ci vediamo stasera”. Invece l’ho rivisto due giorni dopo steso sul lettino dell’obitorio. Il piazzale esterno era pieno di gente e anche dentro ce n’era tanta. Al funerale ricordo una folla immensa, Giuseppe in era conosciuto e amato. Lo scorso settembre, con la ripresa del campionato, la squadra dove giocava ci ha consegnato in una cerimonia la maglia indossata da lui. Pensa che il suo numero, il diciotto, è stato ritirato perché hanno voluto che rimanesse per sempre il suo…

Cosa vorresti dalla giustizia?
Vorrei che imparasse a tutelare le Vittime. Quando parlo con chi ha subito queste perdite così ingiuste ci troviamo a dire le stesse cose, e quello che ci fa più male, che scava dentro una ferita aperta, è la mancanza di rispetto della nostra dignità e delle vite distrutte; il doverci sentire noi e i nostri figli “imputati”. Siamo messi noi alla sbarra per agevolare le persone che ci hanno colpito. È devastante vedere che la memoria di chi hai perso e la tua dignità sono calpestati proprio in quel tribunale che dovrebbe darti giustizia stabilendo una giusta pena. È quanto di più brutto si possa fare a una famiglia già così devastata. Ecco, vorrei che questo non accadesse più, che nessuno, già reso Vittima, dovesse essere trattato con così poco rispetto proprio dagli organi della giustizia. Quella giustizia che è lì per riportare ordine, ristabilire equilibrio e punire chi non rispetta le regole di convivenza… con severità e fermezza.

di Barbara Benedettelli © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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Barbara Benedettelli

Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.

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