Questi due ragazzi, come possono essersi macchiati degli orrendi omicidi di persone sconosciute, incontrate sulla loro strada?
Due giovani uomini e un ragazzo. E poi la droga, il sesso, l’omosessualità non accettata e un nulla agghiacciante, sono i protagonisti di uno dei più efferati delitti italiani degli ultimi anni.
Marco Prato, uno dei due accusati dell’omicidio di Luca Varani, ha 29 anni. Laureato in scienze politiche alla Luiss, un master a Parigi, organizzatore di eventi e di festini a base di droga, alcol e sesso estremo, ai quali c’è il sospetto che di tanto in tanto partecipasse anche qualche vip.
La sua rubrica del cellulare è piena di nomi importanti, per via del suo lavoro come Pr nella Roma notturna, specie quella gay, tanto che il Gip ha deciso di secretare gli atti e criptare le indagini. Una presunta omosessualità e la relativa vergogna. Allora si fa avanti l’ostentazione della mascolinità sui social.
Poi i calci e i pugni a un amico, un mese prima dell’omicidio Varani. Un coetaneo gay nel quale probabilmente Marco ha visto il se stesso che sente dentro, ma che rifiuta. Chissà se sarebbe ancora vivo Luca, se la Vittima di quel pestaggio non avesse ritirato inspiegabilmente la denuncia.
Poi c’è Manuel Foffo, 30 anni, che viene descritto dai genitori, con tanto di interviste sui più accreditati media nazionali, come un bravo ragazzo, sensibile, contro la violenza, con un quoziente intellettivo superiore alla media.
Reo confesso di un atroce delitto, ma coccolato in diretta Tivù. Fuoricorso in giurisprudenza, chissà se ha imparato qualcosa che può tornargli utile nella strategia difensiva.
Chissà se ne fa parte ogni suo sussurro, ogni pentimento vero o presunto, dato in pasto ai media per trasformarlo in una sorte di eroe, perché “lui collabora con gli inquirenti”, in un mondo dove nessuno ammette mai le proprie piccole e grandi responsabilità.
Un bravo ragazzo, sì. Come erano definiti anche Angelo Izzo, Giovanni Guida e Andrea Ghira, protagonisti nel 1975 di un’altra cruenta storia vera. Un’abitazione privata al Circeo, una “festa”, due ragazze di periferia tratte con l’inganno dai tre pariolini verso il massacro. Maria Rosaria Lopez, 19 anni e Donatella Colasanti, 17 anni, sono state violentate, picchiate e torturate per ore. Maria Rosaria, come Luca, è morta.
Donatella è sopravvissuta fingendosi tale, fino al 2005, quando un cancro se l’è portata via con i ricordi orrendi di quella notte.
Il terzo protagonista di questa vicenda avvenuta al Collatino, nella periferia est di Roma, ai primi di marzo è Luca Varani, 23 anni. Generoso, solare, sempre allegro. Così lo descrive chi lo conosceva bene. Un po’ coatto magari – affermano gli amici – e sempre senza soldi, ma un bravo pischello.
Nel gruppo era quello che se gli amici volevano fare sciocchezze, lui diceva no e faceva loro la ramanzina. Solo un difetto: l’ingenuità. E un grandissimo amore, quello per Marta Gaia Sebastiani, che voleva sposare.
Luca, stando alle dichiarazioni dei due assassini, avrebbe ricevuto da Prato un sms con la promessa di circa 150 euro per una prestazione sessuale. I suoi amici non ci stanno. La prostituzione no!
Al massimo, dicono, potrebbe avere fatto da corriere per la coca. Di certo è stato Vittima anche di un’altra morte, quella civile, morale. Non è stato fatto strazio solo del suo corpo, ma anche di quello che era davvero. Al di là di ciò che lo ha portato in quella casa.
Al di là di una di quelle sciocchezze che magari avrebbe impedito di fare ai suoi amici e che invece ha pagato con il prezzo più alto.
Il motivo reale per cui si è recato all’appuntamento con la morte forse ce lo diranno gli investigatori. Dall’analisi dei tabulati risulterebbero diverse telefonate fatte da Prato al ragazzo dopo le 7 del mattino. La verità potrebbe rivelarla proprio il suo cellulare, che però i due indagati hanno fatto sparire.
Manuel e Marco, secondo la versione del primo, volevano uccidere qualcuno “per vedere l’effetto che fa”. Secondo Prato, invece, volevano solo mettere in scena uno stupro per assecondare le loro perversioni sessuali.
Ma poi le cose sarebbero finite male, perché Luca si difendeva, si lamentava nonostante lo avessero stordito con un miscuglio di alcol e Alcover, un farmaco che utilizzano gli alcolisti per uscire dal tunnel.
Per Manuel sarebbe bastato uno sguardo d’intesa all’ingresso di Luca, per capire che era la Vittima perfetta. E Marco sarebbe un ricattatore perverso e manipolatore.
Di entrambi, secondo la sua versione, le trenta tra martellate e coltellate che hanno portato il ragazzo a una morte lenta e dolorosissima, come rivela l’autopsia.
Per Marco invece il ruolo dominante è di Manuel, di cui lui sarebbe la succube e fragile pedina, che al di là di un tentativo di strozzamento richiesto dal complice, non avrebbe sferrato neanche un colpo.
Secondo la sua versione il taglio alla gola sarebbe stato fatto con un coltello a seghettino e sarebbe stata tagliata “come si affetta il pane”. E mentre Manuel tagliava, Marco lo avrebbe baciato in testa per dagli la forza di continuare fino a farlo morire.
Gli avvocati chiedono la perizia psichiatrica, il padre di Manuel si dice convinto che la colpa sia della droga, pensando a una eventuale, quanto improbabile, non imputabilità.
Che invece rimane quando assumi sostanze per tua scelta. Magari proprio per dare libero corso a una pulsione che senti dentro, ma che moralmente non riesci a sfogare.
La presunta psicopatologia o follia è solo l’humus, la base su cui il male si esplicita. Alcol e droga solo il vettore che permette alla parte bestiale dell’uomo di superare le barriere dell’etica, della morale, della civiltà.
I due arrestati, rei confessi, sono accusati di concorso in omicidio volontario aggravato dalle sevizie e dalla crudeltà. Secondo i giudici del riesame, che hanno rifiutato la richiesta dei domiciliari per Prato “l’efferatezza delle sevizie inflitte alla Vittima prima di ucciderla, sono indice di personalità disturbate, prive di sentimenti di pietà e pericolose”.
Due ore di tortura e di agonia per Luca. E negli ultimi interrogatori è emerso un rapporto sessuale che sarebbe avvenuto tra i due assassini, riconosciuti entrambi responsabili dei quasi 100 colpi inferti, mentre Luca era steso a terra morto o forse in fin di vita.
Mai, neanche per un attimo, un lampo di pietà da parte dei due crudeli assassini.
Ci troviamo di fronte al male per il male. Al nulla, dove c’è un male che non se ne va dopo avere agito, ma rimane per sempre in chi soffre la perdita di chi ama. Un per sempre che per Luca e Marta doveva essere diverso.
“Più belli delle stelle sono solo gli occhi tuoi” le diceva Luca. Ora le stelle Marta le guarda cercando la sua. E un sorriso che può rivivere solo nei ricordi e nelle tante foto che pubblica su Facebook per dire al mondo che Luca, prima di tutto, era una persona.
La sola che amava. E merita giustizia.
AGGIORNAMENTI
20 giugno 2017 – Prato suicida in cella
4 luglio 2019 – Condannato Foffo
Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.
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