Ci sono reati che sono male in sé e non perché sono proibiti. E per chi li compie non deve esserci scappatoia.
Antonello aveva solo 31 anni quando, la notte del 7 agosto 2008, e’ stato ucciso. Chi lo ha conosciuto conserva in fondo al cuore qualcosa dei suoi bagliori di onestà e di integrità morale. Ricordi unici.
Antonello aveva solo 31 anni quando, la notte del 7 agosto 2008, è stato ucciso. Chi lo ha conosciuto conserva in fondo al cuore qualcosa dei suoi bagliori di onestà e di integrità morale. Ricordi unici. Irripetibili. Quei ricordi che si possono attribuire a un ragazzo solare, sempre disponibile, con tanta voglia di assaporare la vita in tutte le sue sfumature.
La partecipazione al programma televisivo Uomini e Donne è stata solo una parentesi in un’esistenza che lo vedeva impegnato su ben altri fronti. Era informatore medico da quando di anni ne aveva venti: una passione che dimostrava ogni giorno sul campo.
Antonello aveva tante speranze da condividere con i suoi amici e molti sogni, spesso taciuti, che esprimeva anche solo con gli occhi: sogni puri. Semplici. Come quello di sposarsi e avere una famiglia con tanti bambini.
Ogni giorno prima del lavoro si trovava con la mamma in centro, a Verona, per la colazione. Le dava un bacio e la augurava una buona giornata. Bastano, però, una vacanza in Sardegna dopo un duro periodo di lavoro e un breve tragitto in motorino per finire ammazzati da un’auto che viaggiava contromano.
Un’auto guidata da un ragazzo che non si saprà mai se avesse bevuto o assunto qualche sostanza. A lui il test non è stato fatto. Ad Antonello sì. Era sano! La chiamano giustizia?
Se tutto questo non fosse accaduto sarebbe stato per sempre la nostra gioia e non la ragione di una battaglia che in tre anni ci ha riservato, per lo più, molte sconfitte dolorose. Una lotta, la nostra, in nome di nostro figlio e di tutte quelle Vittime, come lui, senza giustizia.
Ogni strada racconta decine di morti che per un po’ chiamano a raccolta l’indignazione italiana, ma che poi, inevitabilmente, vengono dimenticate. Morti che si fanno sentire però. Forte.
Non si fanno sentire invece le sentenze. Scandalose. Atti che uccidono ancora e che passano sotto silenzio con la loro vergogna. Noi, come genitori, non ci piegheremo mai di fronte a quest’ingiustizia. Sopravvivere a un figlio è la cosa più orribile che possa accadere a un padre e a una madre.
Purtroppo dopo quella vacanza non lo riabbracciammo più, ma il suo amore è vivo e forte più che mai. Vive in ogni persona che lo ha conosciuto. È energia pura che ci spinge ad andare avanti. Noi siamo consapevoli che la sua è ancora esistenza: Antonello abita i nostri ricordi, i nostri sogni, le nostre preghiere, le nostre sensazioni. È in ogni gesto d’amore.
Lui è vita perché “nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta” e, in qualche modo, Antonello è ancora qui.
Valter e Patrizia.
Sì. È ancora qui a dire che la vita umana richiede dignità, memoria, amore anche quando non c’è più un corpo fisico a contenerla. È qui a testimoniare come la giustizia sia oggi indegna del nome che porta. Per quanto riguarda gli omicidi della strada, che in Italia chiamiamo banalmente incidenti, l’impunità è una costante.
Patteggiamento, condizionale. Sconti. Come se la vita fosse una merce da mercatino delle pulci. Ogni anno in Italia muoiono quattromila persone. E questo perché? Perché non sappiamo rispettare regole che sono lì per evitare tutto questo. Alcol e droga sono ora un’aggravante. Dovrebbero esserlo anche tutti quegli atti che si compiono con lucidità e che sappiamo essere pericolosi. Nella sentenza che riguarda il processo Zara si legge:
“L’imputato […] mentre si trovava alla guida della sua autovettura […] effettuava una curva destrosa […] invadeva completamente la corsia di marcia opposta ove sopraggiungeva il ciclomotore[…]andando così a collidere contro il medesimo, con conseguente violentissimo urto, nel quale Zara Antonello riportava lesioni personali che ne provocavano il decesso . […] Pena base mesi 27, concessione della attenuanti generiche = mesi 18; riduzione ex articolo 444 c.pp.= mesi 12 […] Per quanto precede, la pena concordata dalle parti appare correttamente determinata e adeguata-considerati tutti i criteri di cui all’articolo 133.cp. […]Può essere concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, in quanto si tratta di soggetto incensurato e può ritenersi che in futuro si asterrà dal commettere reati. Ai sensi dell’articolo 222 del codice della strada va inoltre disposta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, per un lasso di tempo che avuto il riguardo della personalità dell’imputato e a tutte le circostanze del caso concreto – e in particolare alla gravità della colpa, consistita nell’aver affrontato una curva destrosa a visuale impedita mantenendo una velocità superiore al limite e tale da non consentirgli di rimanere all’interno della corsia di competenza […]”
In questa sentenza si può leggere tra le righe il significato di un “ordinamento proreo”. Il riguardo verso «la personalità dell’imputato» appare totale nonostante la sua «negligenza, imprudenza, imperizia, violazione di leggi e regolamenti». L’impunità non è percepita soltanto, è legalizzata. È reale come quel: «si tratta di soggetto incensurato e può ritenersi che in futuro si asterrà dal commettere reati». E Antonello? Quanto vale una vita? Niente? Ma non vi viene rabbia? Una pena sospesa può davvero anche solo “apparire” «adeguata all’entità della condotta e alla gravità del fatto» quando “il fatto” è un omicidio?
A me, in quanto essere umano, fa male! La legge guarda al futuro e nella sostanza non punisce sulla base della presunzione che essendo incensurato il reo si asterrà dal commettere altri reati. Per quello già commesso la condanna penale nei fatti è pari a zero. “Mi hanno detto che quando lo hanno messo sulla barella mio figlio rantolava. Si sentiva un respiro flebile, ma lui non c’era già più. Per la legge però, per i giudici e per i poliziotti che non hanno fatto il test al ragazzo, è come se si fosse spenta una candela al vento…”
No signori. Era una vita umana, come la vostra. Era un figlio!… Come il vostro. ©
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Barbara Benedettelli
Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.
Ci sono reati che sono male in sé e non perché sono proibiti. E per chi li compie non deve esserci scappatoia.
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