Mostro di Firenze

Mostro di Firenze, un cold case senza soluzione?

Dal 2009, in Italia, presso la Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, c’è l‘Unità Delitti Insoluti che risolve i cold cases anche dopo decenni, grazie alle nuove tecniche d’ investigazione e alla rilettura dei fascicoli d’indagine.

Ma per quanto riguarda il cosiddetto Mostro di Firenze, che ha visto la morte brutale di sedici persone dal 1968 al 1985, possiamo parlare di cold case dal momento che ci sono state delle condanne definitive?

C’è davvero un secondo livello di mandanti, come immaginato nella terza inchiesta, che avrebbero pagato i “compagni di merende” Pietro Pacciani, Mario Vanni e Giancarlo Lotti, chiedendo feticci dei corpi femminili per ipotetici rituali satanici?

La vicenda ha molti lati oscuri. Nel 1994 ispirò anche lo scrittore Thomas Harris, padre del famigerato serial killer letterario e cinematografico Hannibal Lecter. Materiale per un giallista ce n’è, come per le procure.

Ci troviamo infatti di fronte a un cold case a “scatola cinese”: oltre agli omicidi delle coppie ci sono almeno tre suicidi sospetti e una serie di uccisioni parallele misteriose. Quantomeno “strana” è, per esempio, la fine del medico Francesco Narducci (suicidio o omicidio?), sospettato, da morto, di essere coinvolto.

Certo è, che dopo la sua scomparsa i duplici delitti sono cessati. Perché?

Era lui il serial killer che uccideva con una Beretta calibro 22 carica di proiettili Winchester serie H, con un coltello e che asportava lembi di seno e di pube dalle donne con perfezione chirurgica?

Nel 2002 l’inchiesta che lo riguarda è stata chiusa con un nulla di fatto.

Un cold case nel cold case, appunto. Sono passati ben 49 anni dal primo duplice delitto ricondotto al Mostro, avvenuto il 21 agosto del 1968 e che portò a una pista sarda poi abbandonata. Non sono troppi per riuscire a mettere un punto definitivo?

Nelle diverse inchieste gli indagati sono stati molti: giornalisti, professionisti, magistrati, che poi sono risultati estranei ai fatti. Gli ultimi, attualmente indagati, sono un ex medico curante ultraottantenne e l’ex legionario di Prato Giampiero Vigilanti, 87 anni. Si definiscono innocenti.

La nuova pista, secondo fonti non ufficiali, sarebbe quella dell’eversione nera d’ispirazione neofascista che, attraverso la “strategia della tensione”, avrebbe avuto lo scopo di deviare l’attenzione degli inquirenti dalle indagini sugli attentati degli anni di piombo.

Un’ipotesi smentita categoricamente, a luglio 2017, dalla Procura di Firenze. Al di là dell’ennesima teoria complottarda – in passato si è perfino ipotizzato il coinvolgimento del Sisde per coprire presunti mandanti di altissimo livello -, Vigilanti era già stato al centro delle indagini nel settembre del 1985.

Fu oggetto di una perquisizione che portò alla scoperta di articoli di giornale sulle uccisioni del mostro e sulle prostitute ammazzate in quegli anni. Scoperta ritenuta però irrilevante.

Si procede invece, nel 1991, contro il contadino Pietro Pacciani, indagato mentre si trova in carcere per maltrattamenti in famiglia. Il 16 gennaio del ’93 viene arrestato con l’accusa di essere l’autore di sette degli otto pluriomicidi. Caso chiuso? No.

L’1 novembre del ’94, in primo grado, viene condannato all’ergastolo. Proprio nello stesso periodo, in seguito a una lite con un vicino di casa, Vigilanti viene nuovamente perquisito.

Questa volta i carabinieri trovarono 176 proiettili Winchester serie H, non più in produzione dal 1981, e alcune pistole legalmente detenute, tra cui, pare, una Beretta calibro 22. Ma non si procede contro di lui. Le armi, che in seguito gli sarebbero state rubate, non sarebbero più reperibili.

Tornando a Pacciani, nel ’96 la Corte d’Appello lo assolve, ma la Cassazione annulla la sentenza. Nel frattempo si apre il filone dell’inchiesta-bis contro quelli che sono stati definiti i suoi complici, i “compagni di merende” Mario Vanni, (condannato nel 2000 all’ergastolo) e Giancarlo Lotti (condannato a 26 anni), ritenuti colpevoli di concorso in quattro dei duplici omicidi.

Il 22 febbraio del ’98 Pacciani viene trovato morto in casa sua a pochi giorni dal nuovo processo. Morte, all’apparenza naturale, per la quale la procura di Firenze aprì un fascicolo contro ignoti. Nell’aprile del ’99 Vanni muore a causa di una malattia.

Tre anni dopo lo segue Lotti, anche lui per motivi di salute. Sono i veri brutali assassini oppure i perfetti capri espiatori?

L’avvocato Vieri Adriani, che rappresenta i familiari di Nadine Mauriot e del compagno Jean Michel Kraveichvili, le ultime vittime, nel 2013 aveva presentato un esposto dove chiedeva di seguire piste abbandonate in passato.

E di rivedere vecchi reperti come un “fazzolettino di carta intriso di sangue con un capello e un paio di guanti da chirurgo”, da cui emerse un gruppo sanguigno che non apparteneva né alle vittime, né ai compagni di merende. Il mistero rimane.

Sempre più fitto. Chissà se le nuove indagini saranno davvero in grado di dare finalmente giustizia alle tante vittime?

di Barbara Benedettelli (pubblicato sul settimanale Spy)

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Barbara Benedettelli

Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.

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