Bud Spencer. Intervista di Barbara Benedettelli (pubblicata su Il Giornale qualche primavera fa) al “gigante” buono che ci ha lasciati il 27
Mi fa effetto essere davanti a Loredana Bertè. Una grande della canzone italiana. Una con un carattere difficile, lo ammette lei stessa in questa intervista, ma che rimane l’interprete di successi intramontabili. Una ribelle che prende a calci le convenzioni, i problemi e forse qualche volta anche chi non la capisce. Una donna che dalla vita ha avuto tanto, ma la vita, in cambio, le ha tolto molto. L’ho incontrata a Monza, alla Clinica Zucchi, dove si sta rimettendo in forma dopo una caduta che le è costata la rottura dell’anca, e una protesi. È di ottimo umore, si mette in posa da vamp e scherza: «Le ventenni mi devono spolverare il microfono», ma si intristisce subito quando le chiedo della caduta.
«È successo un maledetto venerdì di aprile. Sono andata a vedere una casa, la strada era in discesa e sono caduta. Nella vita non mi sono mai persa, ma questa volta ero spaventatissima. Avevo paura».
Non si è persa neanche quando, il 12 maggio del 1995, è morta per arresto cardiaco sua sorella Domenica, conosciuta dal grande pubblico come Mia Martini?
«Lì ho sentito un vuoto enorme. E diventa sempre più grande. Ho saputo che non c’era più dal telegiornale. Mi ha chiamata Renato Zero, come un fratello per me e Mimì, e mi ha detto: “Mettiti seduta, anzi sdraiati”. Mi ha preso un colpo. Quel giorno è morta completamente una parte di me. Ho saputo tutto dai Tg, anche che era stata cremata».
In famiglia non vi siete confrontati sulla cremazione?
«Famiglia? Noi non siamo mai stati una famiglia. I miei si sono separati quando eravamo bambine. E non è stato bello. Mimì diceva: “Per me l’infanzia è un buco nero”. Per me invece è un film in bianco e nero. Ricordo quando mi spedivano in colonia. Non ci volevo stare. Sono scappata tre volte. E neanche mi manca la famiglia. Quando non ce l’hai non ti manca».
In passato ha tentato il suicidio, perché?
«Perché ero incazzata. Non mi sembra giusta la vita. Fa schifo. Cosa stiamo a fare qua, questo passaggio terreno a che cosa serve? Per lasciare un segno? Quando ci credevo mi sono sposata. Mi dicevo: “Puoi lasciare una bella traccia, dei figli”. Invece dopo quattro anni di matrimonio la madre di lui mi dice: “Che? Un figlio? I figli devono essere di sangue puro svedese”».
Parla del suo matrimonio con Bjorn Borg da cui ha divorziato…
«Divorziato? Quando sono andata a votare mi hanno detto: “Salve signora Borg”. E io: “Guardi che sono separata da venticinque anni… “. “No no, lei risulta ancora sposata”. Ha capito? Allora o è bigamo, o ha fatto un matrimonio finto per non pagare gli alimenti. L’ho denunciato!».
Loredana mi canta la prima cosa che le viene in mente?
«Petala, di Djavan. Forse l’amore è luce che tiene in seno la ricchezza / suo proprio destino / chiarezzaelgiudizio / e petalo di stelle… insieme per vivere… Per essere amato / l’amore in sé non basta / Per essere incantato / l’amore si rivela / e per amore / invade e finisce…».
L’amore finisce e lascia dolore, solitudine…
«La solitudine ce la portiamo addosso tutti come una valigia pesante. È in ognuno di noi. Sempre».
Da quando ci stacchiamo dal cordone della mamma. È lì la prima volta che siamo davvero soli nel mondo…
«E ci rimani pure, solo, se ti trovi una mamma che ti vende la casa e scappa! Che ti lascia in mezzo a una strada. Meno male che di madre ce n’è una sola. Pensa un po’ se ce ne fossero state due!».
Con le sue sorelle che rapporto ha?
«Eravamo in quattro, ora siamo in tre, ma per me esisteva solo Mimì. Da bambine quando le cose non andavano bene in casa lei mi prendeva per mano e mi portava sulla spiaggia di Bagnara. Mi diceva: “Ci penso io a te”. Ci sono tre anni di differenza tra di noi, ma siamo nate lo stesso giorno, il 20 settembre. Eravamo legatissime, ma anche re-legate, un po’ una ruota di scorta. Non ci filava nessuno. E devo dire che questo alla fine era comodo, facevamo quello che ci pareva».
In giro per il mondo in autostop?
«Io, lei e Renato Zero, tutti e tre con una gran voglia di scoprire il mondo. Mimì con la bombetta in testa, io con le mie minigonne e Renato con i suoi vestiti strani. Sognavamo a occhi aperti. Già l’idea di partire per Milano era un sogno che si avverava. Abbiamo dormito in una pensione terrificante, ma eravamo pieni di entusiasmo, di curiosità verso tutto».
La stampa nel corso del tempo ha affermato che tra lei e sua sorella Mimì c’era un rapporto di amore e odio. È così?
«Le solite cose tra sorelle, chi si sveglia prima si veste. Quello è mio. No, me lo avevi regalato. Me lo sono ripreso. Quelle cose lì, erano…».
È per questo che ha fatto il disco Fortemente Bertè dove ci sono le vostre canzoni più belle?
«Il disco è uscito quando lei non c’era già più. Che cosa avrebbe potuto fare Mimì con quella voce straordinaria! Mi manca tanto e non è vero che il tempo cancella qualsiasi cosa. I ricordi aumentano. Aumentano le colpe. Sapesse quella sera di maggio, quando è morta, sapesse quanto ha squillato il telefono. Lo avevo posizionato sul fax».
Per questo non ha il cellulare?
«Sì. Lei voleva regalarmi un telefonino, così mi poteva trovare sempre. Adesso me ne frego».
Che cos’è cantare per lei?
«Ce l’ho nel Dna. Se non salgo sul palco, se non mi sfogo, impazzisco. Divento matta».
C’è chi la teme…
«Mi arrabbio con chi non si comporta bene. E comunque lo so di non avere un buon carattere. Sono arrabbiata con la vita. Mi ha tolto troppo. Sono in un credito pazzesco con lei. Io con la vita ci ho litigato e non ci ho ancora fatto pace».
Forse bisogna prendere un po’ in giro quello che succede…
«Anche perché già da solo quello che succede non ci se crede!».
Sempre ironica.
«Già, noi Bertè dovremmo essere protette dal Wwf!».
Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.
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