Ci sono reati che sono male in sé e non perché sono proibiti. E per chi li compie non deve esserci scappatoia.
La certezza della pena è la garanzia per una società senza criminalità. E invece, che tristezza l’ennesimo provvedimento che non tiene conto della suddetta garanzia, delle Vittime dei reati e di quei liberi cittadini la cui sorte potrebbe diventare terribile e poi essere considerata un insignificante “effetto collaterale”.
Che società è quella che mette davanti al diritto alla vita, all’integrità, alla salute dei cittadini onesti, un altro diritto che potrebbe essere soddisfatto già domani senza, appunto, effetti collaterali? Che civiltà è quella che annullando la pena per alcuni reati annulla la forza della legge e ne svilisce la necessità?
La giustizia non può essere clemente con chi abusa della propria libertà negando quella altrui, con chi fa del male ai suoi simili, perché quel male nella clemenza si nutre e cresce fino a diventare così grande da sovrastare tutto. E se una giustizia equilibrata non è possibile, allora dobbiamo darle un altro nome o decretarne il decesso.
Se non può ristabilire che un equilibrio sommario per le Vittime e per la società tutta, approssimativo e pendente da una parte soltanto, allora anche la giustizia può essere sepolta. E con lei la civiltà.
Nessuno di noi può scagliare la prima pietra e dire: in me agisce solo ciò che è indiscutibilmente buono e giusto. Dostoevskij, di fronte al compito di scrivere L’idiota, afferma che nulla è più difficile come rappresentare una persona che sia totalmente buona, libera dal male. Nessuno lo è.
Ma se davvero siamo diversi dalle bestie feroci, se non siamo solo pulsioni, istinto, da giustificare sempre e comunque ad ogni costo, allora abbiamo una ragione in più per non giustificare il male che è in noi. Non è questione di opinioni o di ideologia. La cronaca nera, mentre scrivo, vomita il suo triste bollettino.
Ci sono giorni in cui i delitti si susseguono uno dietro l’altro. Stragi che ormai viviamo come ordinarie. Alle quali c’è chi trova perfino una giustificazione. C’è chi ribalta i ruoli trasformando i colpevoli in vittime e gettando le Vittime la seconda volta in un burrone. Quello del nulla che stiamo vivendo.
Il DDL che si discute in questi giorni è cieco e sordo. Non solo non risolve il problema delle carceri, che invece aumenterà e non è rieducativo. Ma è anche discriminante nei confronti di vittime che chissà perché vengono ritenute meno vittime di altre. E di reati che chissà perché sono ritenuti meno gravi di altri.
E intanto i ladri di esistenze riescono a infiltrarsi nelle nostre vite, nonostante le condanne, certi che prima o poi una falla nel sistema li potrà liberare,, o potrà farlo una legge come questa che renderà lo Stato il mandante di nuove morti, di nuovi stupri, di nuovi delitti schifosi.
Il sovraffollamento non si risolve così, ci sono altri mille modi che si possono applicare già da domani senza mettere a rischio la vita altrui, senza calpestare la dignità delle vittime, senza indebolire la forza delle leggi.
I parlamentari si guardino dentro e si assumano la responsabilità delle conseguenze.
Ricordino l’indulto del 2006. Morirono molte persone negli anni seguenti per mano di indultati. Con provvedimenti simili rischiamo di bruciare, in una società in cui l’economia domina sulla morale, il diritto alla vita. Il principio di legalità. L’ideale di giustizia. Bisogna tornare a parlare di certezza della pena, una garanzia di democrazia per gli altri cittadini, che altrimenti piombano nell’incertezza. Un diritto per le vittime. Un deterrente obbligato.
Barbara Benedettelli
Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.
Ci sono reati che sono male in sé e non perché sono proibiti. E per chi li compie non deve esserci scappatoia.
L’indulto fa morti. “Ci sia certezza che la pena corrisponda alla condanna e che la condanna corrisponda al reato, perché in questa
Trovo inaccettabile che una società arrivata al lockdown e al coprifuoco – misure tipiche delle guerre, che comprimono al limite della legittimità
“Chi ha il diritto di vivere”, Quem tiem direito ao viver”. Ce lo dice l’ex-terrorista Cesare Battisti. “Chi ha il diritto di