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Il lavaggio dei piedi da parte del Papa ha una fortissima simbologia. Perché non farlo per le vittime dei reati violenti?
In merito alla tradizione della lavanda dei piedi, che il Papa ha compiuto giovedì verso 12 detenuti di Rebibbia, credo che espiazione e redenzione non possano passare da un rito che non tiene conto di chi ha ricevuto il male, che, da parte sua, merita la liberazione da esso con un atto altrettanto potente.
Il perdono non può avvenire esclusivamente da Dio, che solleva da un male che rimane in terra nel dolore di chi lo ha ricevuto e che viene spesso dimenticato. Non critico il gesto rituale in sé, ma l’evidente disparità tra i due attori di uno stesso evento (Vittime e carnefici) in diversi ambiti sociali, culturali, politici e religiosi.
Non affermo che tale rito non debba essere compiuto, in occasione della Pasqua, sui detenuti. Affermo invece che essi non sono che uno degli attori di un evento, quello delittuoso, che necessariamente ha altri protagonisti troppo spesso lasciati in disparte e che invece, proprio in occasione della Pasqua debbono essere ricordati e celebrati.
Originariamente il gesto della lavanda dei piedi, simbolo di umiltà e amore, non è stato fatto a chi si è macchiato di delitti, ma ai discepoli. Un gesto di purificazione certo, ma che un Papa come Francesco potrebbe fare anche alle Vittime della cattiveria umana. Specialmente nel giorno della Passione di Cristo, una passione che troppe persone vivono ancora oggi sulla loro pelle.
Le Vittime dei reati, specie dei reati contro la persona, meritano un rito altrettanto potente che attesti la loro condizione a livello sociale e che comprenda il coinvolgimento del reo per indurlo a un vero e profondo pentimento.
Come ha affermato Papa Francesco il Signore «vuole che il sacerdote lavi i piedi di dodici persone, memoria dei dodici apostoli. Ma nel cuore nostro dobbiamo avere la certezza, dobbiamo essere sicuri che il Signore quando ci lava i piedi, ci lava tutti, ci purifica. Ci fa sentire un’altra volta il suo amore».
Ebbene vorrei tanto che quell’amore il Signore lo facesse sentire a chi non ne è più sicuro, perché, come accadde allo stesso Gesù, si sente abbandonato nel momento del massimo dolore. E’ questo che chiedo a Papa Francesco, non di abbandonare questo rito, ma di rivolgerlo, almeno una volta, alle Vittime della cattiveria, della stupidità e dell’arroganza umana.
Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.
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