Accompagnamento alla Vita con Pangea

Accompahnamento alla vita con Pangea. Intervista di Barbara Benedettelli a Luca Lo Presti

Accompagnamento alla vita lo chiama. Lui è Luca Lo Presti, Presidente di Pangea, “un pazzo” che ha lasciato tutto per dedicarsi agli altri.

Luca Lo Presti, 52 anni, Presidente della Fondazione Pangea, si definisce un pazzo. Negli anni novanta, tra i pochi dental design presenti in Europa, rendeva armoniosi i volti alterati dalla moda della bocca carnosa con delicati interventi sulla dentatura.

Poi di punto in bianco ha “adottato” duecentosessanta bambini rumeni e ha regalato le quote degli studi odontoiatrici ai suoi soci. La sua attuale compagna, Maria Luisa Pianegonda, ha fatto la stessa scelta e lo segue in tutto il mondo, per cambiarlo in meglio.

Sono nato a  Quarto Oggiaro, dove devi fare i conti con un quartiere in cui ti rompono il naso a cinque anni per prenderti il pallone. Da adolescente ero affascinato dai unnamedfricchettoni che parlavano dell’India e di Gesù.

Non dimenticherò mai il prete capellone che per portare i ragazzi a Dio aveva occupato un negozio per farci una “chiesa” dove, tra le canzoni di Guccini e Dylan, ho capito che  se tu parli della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma hai una visione miracolista, il tuo percepito è parziale.

Ma se capisci la metafora evangelica e che due pezzi di pane e due pesci possono affamare più persone dividendoli, impari la condivisione e una visione della vita legata all’amore e alla speranza di un mondo più bello.”

E questo mondo più bello lo hai trovato?

Sto cercando di costruirlo. E’ stato un percorso lungo, iniziato a diciotto anni con un viaggio in India, senza piena consapevolezza della realtà totale che invece ho cominciato a scoprire quando stavo per rientrare in Italia e, con la mamma di mio figlio, passando a piedi sotto il ponte che porta all’aeroporto un bambino si è avvicinato con le mani tese per ricevere qualcosa.

Lei gli ha dato un oggetto dallo zaino e ne sono arrivati altri a cui abbiamo dato tutto ciò che avevamo. Ma era rimasta una bambina alla quale la mia ex ha regalato le scarpe che aveva ai piedi. E’ lì che abbiamo deciso di rimanere.

Siamo tornati in Italia dopo aver attraversato per mesi l’India a piedi, scoprendo realtà inimmaginabili. Facevamo avanti e indietro, nel frattempo ho studiato, ho fatto il militare, ho cominciato a lavorare.

Quando hai deciso di lasciare il tuo lavoro?

C’è stato un percorso interiore dove incontri ed esperienze mi hanno portato verso una nuova direzione. Devo molto a Selene Galloni, che mi ha portato nella sede di Amnesty dove ho capito che tutto quello che avevo visto fino a quel giorno aveva un senso.

Quando sai che lì c’è una violazione dei diritti umani, allora devi decidere cosa è importante fare. Ho cominciato a fare volontariato. Nel tempo libero mi recavo come ricercatore in zone di guerra: Afghanistan, Pakistan, India, Nepal.

Quando hai “adottato” i duecentosessantuadue bambini rumeni?

Nel 2002 sono andato in Romania per fare un monitoraggio richiesto dall’Europa, che aveva messo a disposizione tanti soldi per la chiusura degli istituti totali (orfanotrofi, manicomi) e il reinserimento delle persone in società. Sembrava tutto perfetto.

Così ho pagato un autista e gli ho chiesto di farmi vedere qualcosa di vero. Mi portò in un orfanotrofio dove c’erano bambini dai due agli undici anni legati, sporchi, malnutriti. Autistici per le torture subite. Un inferno che cerco ancora di cancellare dalla memoria. Provavo pena e molta rabbia. Volevo combattere tutto ciò.

Non avevi paura di ritorsioni?

Il governo aveva deciso di cancellare quel posto. Buttarono fuori i duecentosessanta bambini per farli sparire. Li ho sentiti piangere al telefono, c’era chi urlava. Così, d’impulso, ho detto: “Li prendo io.” Chiuso il telefono sono quasi svenuto. Ho chiesto aiuto al mondo intero. E’ solo un problema di soldi, mi dicevano. Tutto si risolve. Ma come li trovo i soldi?

Dio ama i pazzi buoni..

Esatto. Mi consegnarono le chiavi e un registro con le foto dei bambini dicendo che potevo portare via solo quelli. Andai a cercarli perfino nelle fogne. E mi si strappava il cuore ogni volta che ne incontravo uno che dovevo lasciare li.

Ne recuperai centottanta, degli altri non seppi più nulla. La notizia era giunta in Italia e un amico un giorno mi disse di presentarmi a un certo indirizzo di Brera. Lì un signore distinto a cui sarò grato per sempre, staccò un assegno di duecentosessantamila euro. E insieme a quei soldi nacque la fondazione Pangea.

I bambini li hai portati nell’orfanotrofio che hai ristrutturato grazie agli amici e ad aziende che hanno fornito servizi, giochi, viveri, coperte, vestiti. E poi?

Il posto diventò vivibile, ma non riuscii a licenziare nessuno. La lotta con i sindacati era durissima.I maltrattanti erano rimasti e la notte giravo con la gamba di un tavolo per bastonare quelli che volevano stuprare i bambini, che restavano autistici nonostante i bei vestiti.

Provavo un grande senso di impotenza. Poi ho incontrato Mino D’Amato che ha pensato di dare soldi alle famiglie di quei bambini per riprenderli indietro. Ma io mi sentivo in colpa per non essere riuscito a cambiare la realtà.

Che cosa ti ha insegnato tutto questo?

Che devi avere consapevolezza di ciò che vuoi cambiare e scienza per poterlo fare. Senza più i bambini si è creato un vuoto in me. Dall’Afganistan un’amica mi disse:“adesso che hai Pangea ci darai una mano?”E prima di compiere i 40 anni ho regalato tutte le quote degli studi odontoiatrici ai miei soci. Da quel giorno mi sono dedicato totalmente alla fondazione.

Abbiamo un bilancio certificato perché ti voglio garantire se mi dai del denaro cosa ne facciamo. Ma raccoglierlo è difficilissimo. A volte non dormo la notte perché magari abbiamo progetti avviati, ma non abbiamo i soldi per portarli avanti.

Cosa fate esattamente?

Accompagniamo le donne alla vita e alla consapevolezza di essere persone. Perché le donne da quelle parti non hanno diritti e neanche si sentono degne di averne. Eppure portano a casa il denaro per fare vivere la famiglia. Se do’ 10 euro a un uomo in India invece se li beve.

Negli anni ho capito che le donne sono violate nei loro diritti in tutto il mondo, così con Pangea ho messo insieme la tutela per i diritti e la praticità dell’aiuto concreto. Siamo partiti con l’accompagnamento alla vita di cinque donne oggi sono ventimila.

Come intendi per accompagnamento alla vita?

Ti accolgo, ti ascolto, capisco i tuoi problemi e ti accompagno a risolverli istruendoti e prestandoti denaro con il microcredito che non si riduce all’atto bancario del prestito cIND_PNL_Calcutta-(96)ome accade con le banche normali. Qui nessuno si arricchisce, ma ci deve essere profitto da ridistribuire e quindi un tasso di interesse, che però scegliamo insieme alle donne che aiutiamo e che rimettiamo in circolo.

Perché vi sia continuità e profitto dobbiamo garantire una lunga aspettativa di vita alle donne e ai loro figli, servizi sanitari, istruzione a partire dalle madri.

E’ inutile fare le scuole se non si sviluppa una nuova cultura?

Se la madre fa un corso professionale che le permetterà di avere un prestito per aprire un’attività, guadagnare soldi e non avere bisogno che i figli facciano elemosina, allora i figli seguiranno le sue orme. Avranno una visione. E le madri sono più consapevoli dell’importanza della scuola per i figli.

Cosa fate in Italia?

Dal 2008 ci occupiamo di violenza assistita, che purtroppo riguarda i bambini. Una guerra invisibile che fa milioni di Vittime. Sosteniamo i centri antiviolenza e abbiamo portato anche qui l’esperienza del microcredito.

Oggi sto cercando soldi per far tornare il sorriso alle donne. Un progetto che chiamo amore. Perché vedi, portiamo mamme e bambini fuori da quell’inferno, diamo loro nuove possibilità, un lavoro, gli avvocati, gli psicologi.

Ma poi le guardi e vedi che i loro occhi non sorridono. Ecco, noi abbiamo un progetto per farle ridere ancora, con l’anima. Abbiamo solo bisogno di sostenitori.

di Barbara Benedettelli

Per sostenere Pangea www.pangeaonlus.org anche un solo euro fa la differenza!

La scelta è tua

Barbara Benedettelli

Barbara Benedettelli è saggista e giornalista pubblicista. Socio fondatore e Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, da anni è vicina ai familiari delle Vittime dei reati violenti. Attualmente è Assessore a Città di Parabiago (Mi) con delega a Polizia Locale, prevenzione stradale, Protezione Civile e cultura.

Potrebbe interessarti anche

Scritta violenza domestica e di prossimità, clicca per andare all'indagine

Barbara Bendettelli  2023 – © Tutti i diritti riservati 

error: Il contenuto è protetto